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sabato, 27 Luglio 2024

Deambrogio (Unità Popolare): “Siamo una sinistra che non si rassegna”

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Ad Alberto Deambrogio, casalese, segretario regionale di Rifondazione Comunista, amante del cool jazz, abbiamo posto alcune domande sugli obiettivi di Unione Popolare. Il movimento fondato, dall’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris nel luglio 2022 poco, prima della crisi del Governo Dragi, partecipa alla sfida elettorale con il sostegno di  RC, DeMa, Potere al Popolo, Manifesta e altre associazioni.

Diritto alla felicità e umanità al potere.  Vi presentate con un programma da voi definito concreto e visionario?

“Occorre abbandonare una tendenza all’autoflagellazione e a leggere la storia a partire dagli anni ’70, quando gli operai erano uniti, il PCI era forte e il sindacato combattivo. Noi vogliamo uscire da una situazione di paralisi in cui i giudizi moralistici prevalgono e prendono il posto dell’analisi scientifica del reale, impedendoci di vedere le novità positive che nascono. Le proposte di Unione Popolare partono dal fatto che ci sono un sacco di persone chiuse nella solitudine e in una rabbia impotente. A queste persone vogliamo offrire un possibile sbocco politico per agire insieme e ricominciare un percorso di protagonismo sociale vero, non pensiamo cioè che l’astensionismo o il voto di “protesta” siano un destino o la colpa di elettori irresponsabili.

Come valutate il rischio concreto che s’imponga una destra sovranista che

potrebbe scardinare quella Costituzione che ritenete punto chiave da difendere?

Noi ci poniamo in contrasto alle destre, ad iniziare dalla formazione capofila guidata da Giorgia Meloni, non solo in base al rifiuto netto del fascismo e alla difesa della Costituzione. Lo facciamo anche perché contestiamo le scelte devastanti contenute nei loro programmi, dalla flat tax al rilancio del nucleare, sino al presidenzialismo e alle proposte inumane per i migranti. Abbiamo dunque ragioni evidenti per opporci alle idee delle destre che, in alcuni casi, si trovano pure nei programmi di centro sinistra. La difesa della Costituzione deve passare per un credibile rilancio della sua realizzazione materiale, non basta evocarla nel momento del pericolo quando la si è ampiamente dimenticata negli anni precedenti.

 Non pensate che in un quadro simile servano ampie alleanze a sinistra?

Unione Popolare è nata esattamente per mettere in campo un soggetto di sinistra plurale, aperto, in grado di essere partecipato con modalità democratiche. E’ del tutto evidente che le elezioni, convocate appena dopo la sua nascita, hanno reso le cose più difficili. Il nostro tentativo di aprire immediatamente ad altre forze come Sinistra Italiana e Verdi non ha dato esito positivo, anche perché ha prevalso in esse l’idea che non sia possibile la costruzione di una forza autonoma di sinistra fuori da alleanze con il PD. Le vicende di questi giorni testimoniano, ahimè, che la sinistra dentro il centrosinistra non può che avere un ruolo subalterno. In ogni caso il lavoro paziente di ricostruzione unitaria deve e può continuare.

Draghi, Meloni, Letta sono per voi espressione della stessa medaglia?

Noi non pensiamo che centro destra e centro sinistra siano uguali, ma che abbiano molte affinità almeno su alcuni fondamentali, facendo a gara a per chi è più atlantista. Sono tutti per l’invio di armi e per la conferma delle sanzioni alla Russia. Anche chi sta dicendo cose diverse in campagna elettorale, come Salvini o Conte, fa esattamente il contrario nelle scelte quotidiane al governo. Il centro destra dice flat tax, il centro sinistra risponde con le tre aliquote IRPEF: dove sta la grande differenza? Dove finisce la progressività fiscale inserita in Costituzione

Cosa pensa della Meloni: un nuovo corso soft europeista o maquillage elettorale?  

 “I processi autoritari possono avere mille facce e lei ha capitalizzato le opportunità di questa legge elettorale”.

Il vostro leader Luigi De Magistris ha ricevuto un significativo endorsement dal leader della nuova sinistra francese Jean Luc Melenchon, ma non pare che il quadro del consenso sia migliorato…

La venuta in Italia di Melenchon a supporto di Unione Popolare è stata molto importante. In Francia la costruzione di NUPES (Nouvelle Union Popoulaire Ecologique et Social) è avvenuta dopo le elezioni presidenziali e ha messo insieme formazioni politiche che erano andate divise a quell’appuntamento. Il risultato è stato eccezionale. Occorre ricordare come alla sua base vi sia un rinnovato dialogo a sinistra e un lungo percorso di insediamento sociale, di lotte, di riorganizzazione dei soggetti.

Cosa proponete per intercettare il voto dei tanti che si astengono e per il distacco che predomina nelle nuove generazioni verso la politica tradizionale?

“Credo che in queste settimane si stia verificando un interesse crescente da parte delle nuove generazioni verso Unione Popolare. Noi cerchiamo di trasmettere l’idea che c’è una forza di sinistra che non si limita a proporre, come fa la destra, più sicurezza indistintamente, oppure, come fa il centro sinistra, una generica manutenzione dell’esistente. Un giovane, un elettore sfiduciato ha bisogno di poter alzare lo sguardo, hanno bisogno di una idea di futuro in cui programmare una vita dignitosa”.

Questo criticato sistema elettorale penalizza fortemente chi è fuori dalle coalizioni? 

Questa legge elettorale è pessima e d’altro canto si inserisce in una lunga stagione in cui la logica maggioritaria è stata dominante. Letta si è accorto ora che non funziona e ha dato la colpa a Renzi che l’ha voluta, ma lui non ha mosso un dito per cambiarla. Noi siamo proporzionalisti, quindi in linea con la Costituzione, perché sappiamo che solo quel sistema è in grado di dare spazio a tutte le articolazioni e gli interessi di una società. Non v’è paese al modo dove vige il sistema maggioritario in cui una sinistra critica sia ben rappresentata. La nostra lotta per cambiare il sistema elettorale continuerà dentro una più generale attenzione alla rigenerazione democratica.

Non vi è un eccesso di statalismo old style nel vostro programma?

A me pare che il mercato regolatore, le idee neoliberiste, siano in una crisi ormai molto evidente anche se vengono costantemente riproposte. La stessa pandemia, ormai velocemente archiviata, ha detto che senza politiche pubbliche non se ne esce. Da questo punto di vista, anche a livello europeo, abbiamo assistito ad una prima stagione in cui sembrava che nuovi investimenti pubblici si potessero nuovamente imporre, mentre ora siamo tornati alle solite politiche austeritarie. 

Che lo stato possa essere determinante lo ha detto recentemente anche un grande studioso ambientalista come Andreas Malm, invitato a Torino dai Fridays For Future.

I grandi investimenti e la programmazione statali sono stati necessari persino in paesi come gli Stati Uniti, che non avrebbero conosciuto l’innovazione tecnologica digitale senza di essi. 

 Cosa pensate della Russia di Putin?

Noi non abbiamo certo simpatia per il suo presidente e lo abbiamo criticato quando per altri era “l’amico Putin” con cui fare affari. L’invasione ai danni dell’Ucraina è stata un’azione criminale e inaccettabile, ma occorre ricostruire il contesto in cui è avvenuta non per giustificarla, ma per cercare di capire quali sono le responsabilità complessive in campo. L’occidente, che ha ipocritamente reso omaggio a Gorbacev, ha tradito la sua proposta, quella di porr la Russia in un contesto di pace e cooperazione a livello europeo, in cui la NATO non si espandesse e si potesse sviluppare il disarmo. Si è fatto il contrario con una logica di contenimento e assedio, anche nucleare, del territorio russo. L’idea di Brezinsky, quella di fare della Russia un “buco nero”, non è mai tramontata, solo che dopo la stagione del “paese in vendita” all’epoca di Eltsin, abbiamo avuto una reazione tesa al recupero di protagonismo di potenza, del nazionalismo, che a torto o a ragione pensa di lottare anche per la propria esistenza.

Senza la reazione armata e la lotta di un intero popolo, l’Ucraina oggi sarebbe probabilmente stata già normalizzata sul modello Bielorusso. Cosa pensa di questo popolo in lotta?

Il popolo ucraino vive una situazione drammatica, in cui la sua sofferenza è quella che purtroppo conoscono tutti i popoli che sono sotto il tiro delle armi nelle varie guerre aperte nel modo. Naturalmente ogni popolo ha il diritto di decidere come reagire a una invasione. Faccio notare però che il presidente Zelensky ha deciso scientemente di sacrificare il proprio popolo in una guerra di attrito, sostenuta dalla NATO e di cui non si vede la fine, in cui l’interesse statunitense a logorare la Russia è diventato centrale. Il popolo ucraino è dunque oggi sacrificato sull’altare di equilibri geopolitici mondiali. L’Europa e l’Italia in essa hanno grandi responsabilità perché potrebbero esercitare un ruolo di pace attraverso la trattativa e invece preferiscono accodarsi agli Stati Uniti, mettendo a serio repentaglio la propria economia e tenuta sociale. Il prossimo autunno presenterà un conto salato a partire dalla crisi energetica.

Siete forse gli unici che spendono ancora una parola per curdi e palestinesi..

Da tempo la questione palestinese è uscita dai radar delle forze politiche e ormai ci si è adagiati sull’idea che essa sia irrisolvibile, in modo particolare dopo il cosiddetto patto di “Abramo”, che coinvolge molti paesi arabi e tende a mettere i palestinesi sempre più in un angolo. Per altri versi i curdi sono stati abbandonati in modo vergognoso al loro destino dopo averli utilizzati per combattere l’Isis. In questo caso il ruolo ambiguo e repressivo della Turchia, che mira a esercitare una influenza ampio dal mediterraneo al medio oriente, viene considerato accettabile da molti perché garantisce interessi militari, economici o perché “ospita” migranti sul proprio territorio. Per noi la difesa di quei popoli, della loro rivendicazione di diritti, di possibilità di esistenza, di organizzazione politica è centrale perché sappiamo che senza la risoluzione dei loro problemi non ci sarà pace in un’ampia area del mondo non lontano da noi.

Unione Popolare ha una notevole attenzione su ricerca pubblica e tematiche

ecologiche. 

Il tempo è finito, bisogna cambiare e cambiare subito rotta. Serve, per dirla con Leonardo Boff, un nuovo patto di amicizia e non un rapporto di dominio con l’ambiente in cui viviamo. In questo senso la ricerca pubblica è centrale perché sganciata da interessi particolari e può fornire risposte utili. Deve essere pubblica perché la recente vicenda dei vaccini anticovid ha dimostrato che se tutto è in mano alle multinazionali è il mondo intero a pagarne le conseguenze.

Dove si possono reperire i fondi per gli scostamenti di bilancio invocati (che sono poi nuovo debito) per richieste tipo pensione a 60 anni e adeguamento salari inflazione (scala mobile)?

 la questione delle risorse è spesso agitata per dimostrare l’irrealizzabilità di programmi sociali e ambientali innovativi. Provo a stare nel nostro Paese e a vedere se è poi così vero che i soldi non ci sono. Se si tassassero le grandi ricchezze, sopra il milione di euro, si metterebbero a disposizione circa 25 miliardi di euro. Se poi si decidesse di tagliare radicalmente le spese militari se ne potrebbero portare a casa ulteriori 25. Cinquanta miliardi di euro sono piccola cosa? Pensate a quante iniziative in campo sanitario e sociale si potrebbero fare! Naturalmente non dimentico la necessità di una tassazione veramente progressiva, la lotta a evasione e elusione fiscale nonché la necessità di parificare le situazioni di chi contribuisce.  Mi chiedo perché si debba continuare a pagare una cedolare secca sugli affitti sia che un proprietario possegga un appartamento, sia che ne abbia venti o più. Come si vede le risorse non mancano, quel che manca è la volontà politica.

Che Europa auspicate e in quale contesto dovrebbe collocarsi il nostro Paese?

Noi pensiamo ad un’Europa più democratica, dove il ruolo del Parlamento diventi centrale. Abbiamo a cuore una collaborazione tra i popoli basata su un sistema fiscale comune e progressivo, un diritto del lavoro che tuteli le persone in modo omogeneo dappertutto, investimenti consistenti per la riconversione ambientale, disarmo e collocazione di pace in unmondo multilaterale.

Un aumento delle rinnovabili è sacrosanto ma pare non sia ancora sufficiente

come supporto al fabbisogno energetico nell’immediato futuro.

In queste settimane abbiamo assistito attoniti al rilancio del nucleare.  Pensare di risolvere così il problema dell’energia è semplicemente assurdo. Non esiste nessun nucleare sicuro in vista e costruire nuove centrali ha bisogno di molto tempo, mentre abbiamo bisogno di soluzioni in fretta. Ci sono troppi falsi miti intorno alle energie rinnovabili. Ad esempio non è vero che le rinnovabili non siano in grado di garantire un approvigionamento continuo ed efficiente. Se non c’è sole o vento si può ricorrere alla differenziazione delle fonti: l’idroelettrico per esempio è rinnovabile e programmabile. Ancora una volta dipende dalle volontà politiche di andare o meno verso una certa direzione. Tra l’altro, come dimostrano le comunità energetiche già funzionanti, si potrebbe abbandonare una dimensione centralizzata e non democratica della gestione dell’energia.

Rifondazione Comunista raggiunse quote di consenso notevoli. Oggi il quadro è molto cambiato e Unione Popolare sembra far parte di una schiera di formazioni di sinistra che lottano per avere visibilità.

La scommessa di Unione Popolare è quella della costruzione di un soggetto politico unitario e plurale che si candidi a rappresentare e far vivere nel Paese la sinistra che non si rassegna all’esistente. 

Cosa pensa Unione Popolare dell’attuale realtà torinese?  

A me pare che Torino non sia ancora riuscita a darsi una identità precisa dopo la crisi del sistema manifatturiero legato soprattutto al sistema FIAT, che come noto ha deciso di non avere più in città il suo luogo strategico. Le possibili trasformazioni complessive basate sul turismo, la cultura e gli eventi, hanno mostrato da tempo la corda. Le amministrazioni comunali che si sono succedute negli ultimi anni hanno di fatto avallato questa situazione, non riuscendo a individuare, per la loro quota di responsabilità, una via di uscita. Ci sono intere zone della città in sofferenza sociale, sono quelle che hanno di fatto abbandonato ogni interesse per la politica che sembra averle definitivamente abbandonate. Il lavoro da fare per riapprocciare questi mondi non sarà breve e non sarà possibile riconquistare un minimo di fiducia nelle persone senza rimettere in gioco un intervento politico diretto, paziente, in grado di fare i conti con le contraddizioni e le ambiguità prodotte da una crisi di lungo periodo. Quel che non si può fare, quindi, è liquidare come irresponsabile l’operaio Fiat che non vota o vota a destra.

Ad Alberto Deambrogio, casalese, segretario regionale di Rifondazione Comunista, amante del cool jazz, abbiamo posto alcune domande sugli obiettivi di Unione Popolare. Il movimento fondato, dall’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris nel luglio 2022 poco, prima della crisi del Governo Dragi, partecipa alla sfida elettorale con il sostegno di  RC, DeMa, Potere al Popolo, Manifesta e altre associazioni.

Diritto alla felicità e umanità al potere.  Vi presentate con un programma da voi definito concreto e visionario?

“Occorre abbandonare una tendenza all’autoflagellazione e a leggere la storia a partire dagli anni ’70, quando gli operai erano uniti, il PCI era forte e il sindacato combattivo. Noi vogliamo uscire da una situazione di paralisi in cui i giudizi moralistici prevalgono e prendono il posto dell’analisi scientifica del reale, impedendoci di vedere le novità positive che nascono. Le proposte di Unione Popolare partono dal fatto che ci sono un sacco di persone chiuse nella solitudine e in una rabbia impotente. A queste persone vogliamo offrire un possibile sbocco politico per agire insieme e ricominciare un percorso di protagonismo sociale vero, non pensiamo cioè che l’astensionismo o il voto di “protesta” siano un destino o la colpa di elettori irresponsabili.

Come valutate il rischio concreto che s’imponga una destra sovranista che

potrebbe scardinare quella Costituzione che ritenete punto chiave da difendere?

Noi ci poniamo in contrasto alle destre, ad iniziare dalla formazione capofila guidata da Giorgia Meloni, non solo in base al rifiuto netto del fascismo e alla difesa della Costituzione. Lo facciamo anche perché contestiamo le scelte devastanti contenute nei loro programmi, dalla flat tax al rilancio del nucleare, sino al presidenzialismo e alle proposte inumane per i migranti. Abbiamo dunque ragioni evidenti per opporci alle idee delle destre che, in alcuni casi, si trovano pure nei programmi di centro sinistra. La difesa della Costituzione deve passare per un credibile rilancio della sua realizzazione materiale, non basta evocarla nel momento del pericolo quando la si è ampiamente dimenticata negli anni precedenti.

Non pensate che in un quadro simile servano ampie alleanze a sinistra?

Unione Popolare è nata esattamente per mettere in campo un soggetto di sinistra plurale, aperto, in grado di essere partecipato con modalità democratiche. E’ del tutto evidente che le elezioni, convocate appena dopo la sua nascita, hanno reso le cose più difficili. Il nostro tentativo di aprire immediatamente ad altre forze come

Sinistra Italiana e Verdi non ha dato esito positivo, anche perché ha prevalso in esse l’idea che non sia possibile la costruzione di una forza autonoma di sinistra fuori da alleanze con il PD. Le vicende di questi giorni testimoniano, ahimè, che la sinistra dentro il centrosinistra non può che avere un ruolo subalterno. In ogni caso il lavoro paziente di ricostruzione unitaria deve e può continuare.

Draghi, Meloni, Letta sono per voi espressione della stessa medaglia?

Noi non pensiamo che centro destra e centro sinistra siano uguali, ma che abbiano molte affinità almeno su alcuni fondamentali, facendo a gara a per chi è più atlantista. Sono tutti per l’invio di armi e per la conferma delle sanzioni alla Russia. Anche chi sta dicendo cose diverse in campagna elettorale, come Salvini o Conte, fa esattamente il contrario nelle scelte quotidiane al governo. Il centro destra dice flat tax, il centro sinistra risponde con le tre aliquote IRPEF: dove sta la grande differenza? Dove finisce la progressività fiscale inserita in Costituzione

Cosa pensa della Meloni: un nuovo corso soft europeista o maquillage elettorale?  

 “I processi autoritari possono avere mille facce e lei ha capitalizzato le opportunità di questa legge elettorale”.

 Il vostro leader Luigi De Magistris ha ricevuto un significativo endorsement dal

leader della nuova sinistra francese Jean Luc Melenchon, ma non pare che il quadro

del consenso sia migliorato…

La venuta in Italia di Melenchon a supporto di Unione Popolare è stata molto importante. In Francia la costruzione di NUPES (Nouvelle Union Popoulaire Ecologique et Social) è avvenuta dopo le elezioni presidenziali e ha messo insieme formazioni politiche che erano andate divise a quell’appuntamento. Il risultato è stato eccezionale. Occorre ricordare come alla sua base vi sia un rinnovato dialogo a sinistra e un lungo percorso di insediamento sociale, di lotte, di riorganizzazione dei soggetti.

Cosa proponete per intercettare il voto dei tanti che si astengono e per il distacco che predomina nelle nuove generazioni verso la politica tradizionale?

“Credo che in queste settimane si stia verificando un interesse crescente da parte delle nuove generazioni verso Unione Popolare. Noi cerchiamo di trasmettere l’idea che c’è una forza di sinistra che non si limita a proporre, come fa la destra, più sicurezza indistintamente, oppure, come fa il centro sinistra, una generica manutenzione dell’esistente. Un giovane, un elettore sfiduciato ha bisogno di poter alzare lo sguardo, hanno bisogno di una idea di futuro in cui programmare una vita dignitosa”.

Questo criticato sistema elettorale penalizza fortemente chi è fuori dalle

coalizioni? 

Questa legge elettorale è pessima e d’altro canto si inserisce in una lunga stagione in cui la logica maggioritaria è stata dominante. Letta si è accorto ora che non funziona e ha dato la colpa a Renzi che l’ha voluta, ma lui non ha mosso un dito per cambiarla. Noi siamo proporzionalisti, quindi in linea con la Costituzione, perché sappiamo che solo quel sistema è in grado di dare spazio a tutte le articolazioni e gli interessi di una società. Non v’è paese al modo dove vige il sistema maggioritario in cui una sinistra critica sia ben rappresentata. La nostra lotta per cambiare il sistema elettorale continuerà dentro una più generale attenzione alla rigenerazione democratica.

Non vi è un eccesso di statalismo old style nel vostro programma?

A me pare che il mercato regolatore, le idee neoliberiste, siano in una crisi ormai molto evidente anche se vengono costantemente riproposte. La stessa pandemia, ormai velocemente archiviata, ha detto che senza politiche pubbliche non se ne esce. Da questo punto di vista, anche a livello europeo, abbiamo assistito ad una prima stagione in cui sembrava che nuovi investimenti pubblici si potessero nuovamente imporre, mentre ora siamo tornati alle solite politiche austeritarie. 

Che lo stato possa essere determinante lo ha detto recentemente anche un grande studioso ambientalista come Andreas Malm, invitato a Torino dai Fridays For Future.

I grandi investimenti e la programmazione statali sono stati necessari persino in paesi come gli Stati Uniti, che non avrebbero conosciuto l’innovazione tecnologica digitale senza di essi. 

 Cosa pensate della Russia di Putin?

Noi non abbiamo certo simpatia per il suo presidente e lo abbiamo criticato quando per altri era “l’amico Putin” con cui fare affari. L’invasione ai danni dell’Ucraina è stata un’azione criminale e inaccettabile, ma occorre ricostruire il contesto in cui è avvenuta non per giustificarla, ma per cercare di capire quali sono le responsabilità complessive in campo. L’occidente, che ha ipocritamente reso omaggio a Gorbacev, ha tradito la sua proposta, quella di porre la Russia in un contesto di pace e cooperazione a livello europeo, in cui la NATO non si espandesse e si potesse sviluppare il disarmo. Si è fatto il contrario con una logica di contenimento e assedio, anche nucleare, del territorio russo. L’idea di Brezinsky, quella di fare della Russia un “buco nero”, non è mai tramontata, solo che dopo la stagione del “paese in vendita” all’epoca di Eltsin, abbiamo avuto una reazione tesa al recupero di protagonismo di potenza, del nazionalismo, che a torto o a ragione pensa di lottare anche per la propria esistenza.

Senza la reazione armata e la lotta di un intero popolo, l’Ucraina oggi sarebbe probabilmente stata già normalizzata sul modello Bielorusso. Cosa pensa di questo popolo in lotta?

Il popolo ucraino vive una situazione drammatica, in cui la sua sofferenza è quella che purtroppo conoscono tutti i popoli che sono sotto il tiro delle armi nelle varie guerre aperte nel modo. Naturalmente ogni popolo ha il diritto di decidere come reagire a una invasione. Faccio notare però che il presidente Zelensky ha deciso scientemente di sacrificare il proprio popolo in una guerra di attrito, sostenuta dalla NATO e di cui non si vede la fine, in cui l’interesse statunitense a logorare la Russia è diventato centrale. Il popolo ucraino è dunque oggi sacrificato sull’altare di equilibri geopolitici mondiali. L’Europa e l’Italia in essa hanno grandi responsabilità perché potrebbero esercitare un ruolo di pace attraverso la trattativa e invece preferiscono accodarsi agli Stati Uniti, mettendo a serio repentaglio la propria economia e tenuta sociale. Il prossimo autunno presenterà un conto salato a partire dalla crisi energetica.

Siete forse gli unici che spendono ancora una parola per curdi e palestinesi..

Da tempo la questione palestinese è uscita dai radar delle forze politiche e ormai ci si è adagiati sull’idea che essa sia irrisolvibile, in modo particolare dopo il cosiddetto patto di “Abramo”, che coinvolge molti paesi arabi e tende a mettere i palestinesi sempre più in un angolo. Per altri versi i curdi sono stati abbandonati in modo vergognoso al loro destino dopo averli utilizzati per combattere l’Isis. In questo caso il ruolo ambiguo e repressivo della Turchia, che mira a esercitare una influenza ampio dal mediterraneo al medio oriente, viene considerato accettabile da molti perché garantisce interessi militari, economici o perché “ospita” migranti sul proprio territorio. Per noi la difesa di quei popoli, della loro rivendicazione di diritti, di possibilità di esistenza, di organizzazione politica è centrale perché sappiamo che senza la risoluzione dei loro problemi non ci sarà pace in un’ampia area del mondo non lontano da noi.

Unione Popolare ha una notevole attenzione su ricerca pubblica e tematiche

ecologiche. 

Il tempo è finito, bisogna cambiare e cambiare subito rotta. Serve, per dirla con Leonardo Boff, un nuovo patto di amicizia e non un rapporto di dominio con l’ambiente in cui viviamo. In questo senso la ricerca pubblica è centrale perché sganciata da interessi particolari e può fornire risposte utili. Deve essere pubblica perché la recente vicenda dei vaccini anticovid ha dimostrato che se tutto è in mano alle multinazionali è il mondo intero a pagarne le conseguenze.

 Dove si possono reperire i fondi per gli scostamenti di bilancio invocati (che sono poi nuovo debito) per richieste tipo pensione a 60 anni e adeguamento salari inflazione (scala mobile)?

 la questione delle risorse è spesso agitata per dimostrare l’irrealizzabilità di programmi sociali e ambientali innovativi. Provo a stare nel nostro Paese e a vedere se è poi così vero che i soldi non ci sono. Se si tassassero le grandi ricchezze, sopra il milione di euro, si metterebbero a disposizione circa 25 miliardi di euro. Se poi si decidesse di tagliare radicalmente le spese militari se ne potrebbero portare a casa ulteriori 25. Cinquanta miliardi di euro sono piccola cosa? Pensate a quante iniziative in campo sanitario e sociale si potrebbero fare! Naturalmente non dimentico la necessità di una tassazione veramente progressiva, la lotta a evasione e elusione fiscale nonché la necessità di parificare le situazioni di chi contribuisce.  Mi chiedo perché si debba continuare a pagare una cedolare secca sugli affitti sia che un proprietario possegga un appartamento, sia che ne abbia venti o più. Come si vede le risorse non mancano, quel che manca è la volontà politica.

Che Europa auspicate e in quale contesto dovrebbe collocarsi il nostro Paese?

Noi pensiamo ad un’Europa più democratica, dove il ruolo del Parlamento diventi centrale. Abbiamo a cuore una collaborazione tra i popoli basata su un sistema fiscale comune e progressivo, un diritto del lavoro che tuteli le persone in modo omogeneo dappertutto, investimenti consistenti per la riconversione ambientale, disarmo e collocazione di pace in unmondo multilaterale.

Un aumento delle rinnovabili è sacrosanto ma pare non sia ancora sufficiente

come supporto al fabbisogno energetico nell’immediato futuro.

In queste settimane abbiamo assistito attoniti al rilancio del nucleare.  Pensare di risolvere così il problema dell’energia è semplicemente assurdo. Non esiste nessun nucleare sicuro in vista e costruire nuove centrali ha bisogno di molto tempo, mentre abbiamo bisogno di soluzioni in fretta. Ci sono troppi falsi miti intorno alle energie rinnovabili. Ad esempio non è vero che le rinnovabili non siano in grado di garantire un approvigionamento continuo ed efficiente. Se non c’è sole o vento si può ricorrere alla differenziazione delle fonti: l’idroelettrico per esempio è rinnovabile e programmabile. Ancora una volta dipende dalle volontà politiche di andare o meno verso una certa direzione. Tra l’altro, come dimostrano le comunità energetiche già funzionanti, si potrebbe abbandonare una dimensione centralizzata e non democratica della gestione dell’energia.

Rifondazione Comunista raggiunse quote di consenso notevoli. Oggi il quadro è molto cambiato e Unione Popolare sembra far parte di una schiera di formazioni di sinistra che lottano per avere visibilità.

La scommessa di Unione Popolare è quella della costruzione di un soggetto politico unitario e plurale che si candidi a rappresentare e far vivere nel Paese la sinistra che non si rassegna all’esistente. 

Cosa pensa Unione Popolare dell’attuale realtà torinese?  

A me pare che Torino non sia ancora riuscita a darsi una identità precisa dopo la crisi del sistema manifatturiero legato soprattutto al sistema FIAT, che come noto ha deciso di non avere più in città il suo luogo strategico. Le possibili trasformazioni complessive basate sulturismo, la cultura e gli eventi, hanno mostrato da tempo la corda. Le amministrazioni comunali che si sono succedute negli ultimi anni hanno di fatto avallato questa situazione, non riuscendo a individuare, per la loro quota di responsabilità, una via di uscita. Ci sono intere zone della città in sofferenza sociale, sono quelle che hanno di fatto abbandonato ogni interesse per la politica che sembra averle definitivamente abbandonate. Il lavoro da fare per riapprocciare questi mondi non sarà breve e non sarà possibile riconquistare un minimo di fiducia nelle persone senza rimettere in gioco un intervento politico diretto, paziente, in grado di fare i conti con le contraddizioni e le ambiguità prodotte da una crisi di lungo periodo. Quel che non si può fare, quindi, è liquidare come irresponsabile l’operaio Fiat che non vota o vota a destra. Tocca a noi, se ne saremo capaci, riportarlo dentro l’alveo di una sinistra credibile. o capaci, riportarlo dentro l’alveo di una sinistra credibile.

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