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giovedì, 24 Ottobre 2024

Da Orlando ad Elettra. Al Teatro Gobetti “Il cielo su Torino”

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Con Orlando. Le primavere di Silvia Battaglio si apre questa sera al Teatro Gobetti la terza edizione della rassegna teatrale “Il cielo su Torino”, progetto che il Teatro Stabile dedica alle giovani compagnie e che proporrà fino al 15 gennaio cinque spettacoli: Silvia Battaglio e la compagnia Biancateatro con Orlando. Le primavere (3 – 4 gennaio 2017, prima nazionale); Aurélia Dedieu, Giuseppe Vetti e la compagnia Makiro con S.O.S. Storie di un’odissea psicosomatica (6 – 7 gennaio, prima nazionale); Giuliano Scarpinato e Wanderlust Teatro con Elettra di Hugo Von Hofmannsthal (9 – 10 gennaio); Roberta Lanave e Camilla Sandri con Variazioni sulla libellula (11 – 12 gennaio, prima nazionale); infine Chiara Cardea e Elena Serra con Edith (14 – 15 gennaio, prima nazionale).

Ad aprire la rassegna, il 3 e il 4 gennaio, in prima nazionale, è lo spettacolo Orlando. Le primavere, interpretato da Silvia Battaglio e Lorenzo Paladini, liberamente ispirato all’Orlando di Virginia Woolf, da lei definito un “libriccino” e pubblicato nel 1928. Un testo innovativo per l’epoca, romanzo, poema, saggio, appassionata lettera d’amore della Woolf all’amata Vita Sackville-West, con protagonista un nobile fanciullo inglese, Orlando, che trasformandosi in donna attraversa quattro secoli dal 1600 al 1900 «facendo esperienza del mondo, dell’umano e dei cambiamenti, con la leggerezza dell’artista naif e la profondità dell’eroina romantica». Un racconto sul tema dell’identità, dell’appartenenza, del ricerca del sé. «L’Orlando di Virginia Woolf si colloca tra il poema cavalleresco e la lettera d’amore, è un testo sfaccettato e versatile difficile da tradurre teatralmente – spiega Silvia Battaglio, che oltre ad esserne interprete ha curato la regia, le coreografie e la drammaturgia – al tempo stesso è profondamente contemporaneo e non necessita di ulteriori integrazioni drammaturgiche o di essere attualizzato. L’ho tradotto teatralmente lavorando attraverso il corpo, e cercando di portare in scena il senso dell’opera della Woolf, le suggestioni, la profondità dei sentimenti, la natura visionaria e la fantasia dell’autrice. Orlando parla dell’identità di genere: va a dormire uomo e si risveglia donna nella più totale naturalezza, e questo è straordinario se si pensa ai tanti pregiudizi che oggi ancora accompagnano il tema del cambiamento del sesso. Ma non solo, è una fucina di immagini, di idee e di sottoletture, e a quello dell’identità si intrecciano temi come la metamorfosi dell’essere umano, la moltitudine dell’io, l’immortalità, l’arte, il superamento delle dicotomie e dei ruoli sociali, l’emancipazione. Tratta di temi universali, non solo l’identità sessuale, ma l’identità esistenziale degli umani e la coesistenza del maschile e del femminile».

Venerdì 6 e sabato 7 gennaio, la Compagnia Makiro presenta in prima nazionale lo spettacolo tragicomico S.O.S – Storia di un’Odissea Psicosomatica, interpretato dalla giovane attrice francese Aurélia Dedieu con regia di Giuseppe Vetti. A one HUMAN show in cui un personaggio clownesco accompagna il pubblico con canzoni, gag, danza e pantomima in un viaggio all’interno del corpo umano ed in un serrato confronto con gli organi interni alla ricerca di un equilibrio biologico ed emozionale. Una riflessione tragicomica sugli esseri umani, sulle loro contraddizioni, sui loro stati d’animo e sul collegamento tra fisico e psiche. «Da anni mi interesso alle terapie alternative – dice Aurélia Dedieu, che da 11 anni ha scelto di vivere a Torino – e con questo spettacolo, a cui lavoriamo da un anno e mezzo, vogliamo, in maniera onirica e comica, far riflettere su quanto corpo e psiche non siano separabili. Senza pretendere di arrivare a conclusioni assolute, infatti non c’è un messaggio univoco a favore della medicina alternativa o di quella tradizionale, ma un invito a guardare le cose in maniera più complessa. È un viaggio nel corpo dove la protagonista incontra sette tra i suoi organi e i suoi abitanti, un po’ come il Piccolo Principe che viaggiava da pianeta in pianeta e in ognuno scopriva un universo. Sul palco racconto la storia di un essere umano, e poi invito gli spettatori a fare lo stesso. Infatti, proprio il 6 gennaio lanceremo una piattaforma di medicina narrata e condivisa, un portale che vuole invitare le persone a parlare delle loro malattie, ognuno con il  proprio punto di vista. La malattia, dunque, non solo come un sintomo che deve essere aggredito, ma come un segnale che il corpo ti trasmette e che deve essere ascoltato”.

Lunedì 9 e martedì 10 gennaio, andrà in scena Elettra di Hugo von Hofmannsthal, per la regia, di Giuliano Scarpinato (lo spettacolo è interpretato da Elena Aimone, Anna Charlotte Barbera, Lorenzo Bartoli, Elio D’Alessandro, Raffaele Musella, Giulia Rupi, Eleonora Tata, Francesca Turrini, Valentina Virando). La storia di Elettra appartiene al mito. Sfugge al tempo e allo spazio, attraversa indenne i millenni e giunge con forza immutata ai nostri petti, alle nostre orecchie, ai nostri occhi. Pugno nello stomaco, lama che affonda, Hugo von Hofmannsthal la racchiude nel breve tempo di un atto (andato in scena a Berlino nel 1903): quasi una travolgente successione di inquadrature cinematografiche, un “thriller dell’anima” dal ritmo incalzante e forsennato. «Nel dramma di Hoffmanstal si rintana un’ambiguità del tutto contemporanea, ed è per questo che Elettra continua a scuoterci, ed ammaliarci – spiega Giuliano Scarpinato (Palermo, 1983) – il nostro spettacolo nasce due anni fa in occasione del festival di Segesta, e ho scelto questa versione della tragedia di Elettra, che ho incontrato durante gli anni di studio alla Scuola dello Stabile di Torino, che pur essendo rispettosa del mito, pur conservandone tutta la forza prorompente ed eversiva, offre uno scandaglio psicologico dei personaggi incredibilmente moderno, infatti l’autore era contemporaneo di Freud e respirava il vento della rivoluzione della psicanalisi. Vendetta, rabbia, ma i personaggi dell’Elettra di Hoffmanstal non sono eroi monodimensionali, troviamo molteplici sfumature intermedie, e l’autore mette in luce la loro estrema fragilità, ma soprattutto la sproporzione tra la loro giovane età e quanto sono chiamati a compiere. Elettra ed Oreste sono ragazzini schiacciati dal peso di una missione molto più grande di loro e delle loro possibilità. Per me l’inizio di tutto non è la parola, ma il suo contenitore, che è il corpo, quindi grazie a un gruppo di giovani attori ho potuto lavorare sulle pulsioni primarie che questa tragedia esprime, l’ira, il sesso e la repressione di desideri inconfessabili”.

Mercoledì 11 e giovedì 12 gennaio andrà in scena Variazioni sulla libellulla – Allegro ma non troppo tratto da Storia di una malattia e la libellula (Panegirico della libertà) di Amelia Rosselli, scritto e interpretato da Roberta Lanave e Camilla Sandri. A vent’anni dalla morte, uno spettacolo che attraversa l’universo di Amelia Rosselli, tra le più raffinate voci del ‘900, poetessa apolide e poliglotta, figlia di Carlo Rosselli, morta suicida nel febbraio del 1996.

Chiuderà la rassegna sabato 14 e domenica 15 gennaio, la prima nazionale dello spettacolo Edith di e con Chiara Cardea e Elena Serra, per la regia di Elena Serra. Lo spettacolo prende ispirazione da Grey Gardens, un documentario girato nel 1975 da Albert e David Maysles, un indimenticabile ritratto di Edith Ewing Bouvier Beale e sua figlia Edith Bouvier Beale, rispettivamente zia e cugina di Jacqueline Kennedy. Le due Edith, protagoniste fino agli anni Cinquanta della vita mondana newyorkese, divennero in seguito simbolo di scandalo e decadenza, scegliendo di vivere isolate nella loro villa di Grey Gardens a East Hampton, in uno stato di totale degrado, in una casa circondata dai rovi, sommersa dalla spazzatura e invasa da gatti, zecche e procioni. «La storia – scrive Elena Serra – di queste due donne ci ha subito colpite. Incarnano l’icona della diva in decadenza di Viale del tramonto, la ribellione alla borghesia e il rapporto incestuoso delle Serve di Genet, l’inesorabile e ironica disperazione della Winnie di Beckett. Le due donne sono costantemente in bilico sull’orlo della sopravvivenza materiale e della follia, vivono l’ossimoro della reclusione che le rende libere; dispongono ed espongono i loro corpi, felici di un narcisismo e di una vanità totalmente scevre di ogni influenza sessuale».

www.teatrostabiletorino.it

www.silviabattaglio.com

www.makiro.it

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