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venerdì, 6 Dicembre 2024

Crisi coronavirus. Andremo verso uno statalismo ecologico?

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Quali conseguenze vi saranno dopo mesi di chiusura di attività, calo di redditi e consumi a livello mondiale (vedi la discesa del prezzo del greggio) sul piano economico, politico e psicosociale?

Molti si interrogano. Ma è evidente che da questo improvviso e perdurante blackout globale è presumibile che emerga un ruolo centrale e forte dell’intervento statale.  E’ palese che molte attività nel nostro Paese non riusciranno a resistere e molte persone dovranno fare i conti con la perdita del posto di lavoro, in un contesto sociale molto più fragile per la minor forza della famiglia tradizionale vero nostro storico compensatore delle carenze assistenziali. E lo stato dovrà intervenire pesantemente per assicurare non solo una ripresa ma un minimo di ordine sociale.

Fortunato chi avrà un orto, chi vive in campagna e chi avrà interessi, volontà di adattamento e spiritualità.

Intanto oggi Il vero soggetto oggi sotto attacco è l’Europa. Tutti i suoi nemici stanno uscendo sempre più allo scoperto. L’Europa è in evidente difficoltà, ma ci rendiamo conto cosa potrebbe accadere con la dissoluzione di questo soggetto? L’unico che, pur tra mille contraddizioni, è lo storico e raro portatore di   diritti civili, diplomazia, dialogo con una storia e un esperienza che ha assicurato 70 anni senza guerre in un mondo in cui imperversano dittature e prevaricazioni.

Sui social infuriano i messaggi di improvvisati esperti che incitano addirittura all’odio verso i tedeschi. Dimenticando che, dopo gli orrori del conflitto, nel dopoguerra fu proprio l’intelligenza di capi carismatici del tempo (Togliatti, De Gasperi, Nenni) a far prevalere il buon senso sulla vendetta. Certo per tanti dei nostri nonni non fu facile digerire una simile polpetta dopo la follia nazista, ma ora vogliamo davvero tornare allo scontro becero tra popoli? Questo in un mondo in cui imperversano ancora guerre e tragedie come quella del popolo siriano.

Intanto è indubbio che il mondo stia cambiando e la prevenzione coronavirus sta mettendo in evidenza l’inutilità dell’iperpresenzialismo inquinante di certe oceaniche adunate parlamentari, con un mare di assistenti, a livello europeo e nazionale.  Un fattore che emerge grazie al supporto e all’impatto  delle nuove tecnologie che stanno stravolgendo ogni settore del nostro modo di vivere, decidere e comunicare.

Se l’Europa ha un problema è quello dell’assenza di leadership davvero autorevoli. Figure come furono quelle di Helmut Kohl (che unificò le due Germanie) e Tony Blair (che diete una svolta alla questione Irlandese). Altro fattore negativo è l’imporsi di forze egoiste, nazionaliste, sovraniste che ignorano ogni discorso di solidarietà e di spirito comunitario e che spesso strizzano l’occhio e non solo a fenomeni di razzismo e intolleranza. Forze dichiaratamente antieuropeiste e contrarie alla moneta comune.

E’  noto che l’Europa abbia strutturalmente due anime distinte: una latina e una nordica, e subisca il condizionamento della locomotiva tedesca, ora anch’essa in difficoltà.

Ma questo non basta per distruggere i sogni europeisti di Altiero Spinelli a Ventotene. Un sogno che ha garantito pace da 70 anni a un continente da sempre in guerra.  Certo sono improrogabili riforme e cambiamenti se questa comunità di 500 milioni di persone vorrà sopravvivere in un mondo sempre più caratterizzato dallo strapotere economico commerciale cinese, in competizione con gli Stati Uniti  e con l’aggressività dell’orso russo.

Sono tanti i soggetti che sperano e puntano su un definitivo logoramento del vecchio continente. In tal senso si dovrebbero leggere gli espliciti slanci di collaborazione del “democratico e generoso” Putin, accompagnati dai recenti proclami per una fuoriuscita dall’Europa da parte dell’ex ministro degli interni Matteo Salvini, dopo un periodo di riserbo istituzionale condito dalle discusse visite a Mosca di alcuni suoi fedelissimi.  Anche Fratelli d’Italia si schiera senza mezzi termini contro questa Europa (e non si capisce con quale alternativa se non il ritorno al nazionalismo, ognuno per se), mentre non si sono dimenticate le sparate antieuro dei grillini della prima ora, simpatizzanti di un ultras pro Brexit come il britannico Nigel Farage.

Il preoccupante stallo e silenzio europeo di fronte a drammi come quello siriano, l’aggressività turca e la questione migranti, ha accompagnato la mancanza assoluta di passi avanti nel discorso di integrazione  per far in modo  che la Comunità Europea  si liberasse dal suo status di gigante economico e “nano” politico.  In tal senso è emersa in tutta la sua evidenza la simpatia dell’amministrazione per un ridimensionamento del soggetto europeo. Amministrazione che non a caso ha manifestato tutto il suo entusiasmo per il successo della Brexit,

Riusciranno i cambiamenti legati al coronavirus a far riprender il dialogo e il cammino europeo o si andrà verso una frammentazione? L’Italia deve fare i conti con il fardello cronico dell’indebitamento e le sue ataviche malattie (mafia, corruzione, evasione), con molti settori chiave in crisi o oggetto di supermarket mondiale.  Nel dopoguerra ci fu l’Iri a ricostruire, insieme alla volontà e l’entusiasmo di un intero popolo che credeva nella ripresa e faceva figli.  Oggi le cose sono molto diverse. E forse non basterà ispirarsi a Cincinnato il generale romano che rinunciò agli allori per le sue imprese per dedicarsi ai suoi campi nel 500 a. C:

Sono comunque sempre più numerosi i giovani che prendono in considerazione l’alternativa della vita agreste, con adeguati supporti tecnologici. La speranza che questo incipiente possibile svolta statalista sia accompagnato da un autentica impronta ecologista caratterizzata da consumi e comportamenti oculati , responsabili e più sani. Insomma meno sprechi e più saggezza unica chiave in momenti di difficoltà e non solo.

In conclusione riportiamo, per non negarci una nota di ottimismo, le considerazioni dell’emerito docente di Torino di Relazioni Internazionali Luigi Bonanate dell’Università di Torino. Questo raffinato esperto, non certo un complottista,ha ipotizzato un possibile scontro bellico nel 2025. Una terza guerra mondiale che vedrà in gioco cinesi, americani e russi per il controllo di quello scrigno di risorse naturali rappresentato dal Kazakistan. Questo in un contesto prevedibilmente sempre più caratterizzato da crisi, siccità, migrazioni di massa e tensioni socio politiche a livello globale, mentre i ghiacci di Artico e Antartide continueranno a liquefarsi.  Un panorama davvero inquietante. Si spera che la new age ecologista che oggi coinvolge tanti giovani riesca a fermare simili follie a cominciare dai deliri di Jair Bolsonaro che stanno distruggendo la foresta Amazzonica, polmone verde del pianeta.

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