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giovedì, 5 Dicembre 2024

Congresso Pd, ora ricomporre “sinistra politica e sinistra sociale”

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di Giorgio Merlo

Ricomporre la “sinistra politica e la sinistra sociale” del Partito democratico. Attorno a questa scommessa si gioca anche, ma non solo, il futuro congresso del più grande partito italiano. Perché, al di là di tante riflessioni, è proprio questa la sfida politica per eccellenza se si vuol consolidare la prospettiva di un partito che continua, seppur con radicali cambiamenti rispetto anche ad un recente passato, ad essere un movimento politico di centro sinistra.

Ora, sono sempre due gli aspetti decisivi che si attendono da un congresso. Anche se la sua celebrazione è prevista per la fine del 2017, o addirittura entro il 2016, se ci fosse una anticipazione del voto per le politiche dopo il referendum sulla riforma costituzionale previsto per il prossimo mese di ottobre.

Innanzitutto un progetto politico credibile e capace di indicare una prospettiva al futuro al partito e, soprattutto, un leader che incarna quel progetto. Essendo la politica italiana ormai fortemente personalizzata dove i partiti, dopo la ventennale esperienza berlusconiana, si sono trasformati progressivamente in “partiti personali” o in “partiti del leader“.

Dunque, il primo obiettivo è quello di saper ricomporre la sinistra politica e la sinistra sociale del Pd. Un obiettivo politico che sarebbe decisivo, se non cruciale, per un partito che continua a definirsi di “centro sinistra” e riformista. Chiusa l’esperienza del precedente congresso – ormai archiviato sotto tutti gli aspetti – si tratta di mettere in campo una iniziativa politica che non favorisca, seppur inconsapevolmente, la frammentazione di un’area che resta decisiva anche per conservare i tratti originari e fondativi del Partito democratico. Un’iniziativa che deve anche superare le varie contrapposizioni personali che si sono andate accumulando in questi anni e che garantisca, al contempo, una collaborazione costruttiva e feconda con la stessa maggioranza renziana. Sarebbe, questa, un’iniziativa che potrebbe riportare all’interno del Pd spezzoni di sinistra – politica e culturale di varia estrazione – che, a tutt’oggi, o hanno sospeso la loro militanza oppure attendono ai margini della vita politica qualche segnale concreto e di risveglio che provenga da quelle parti.

E, seconda considerazione, serve anche e soprattutto un “leader” che incarni quella proposta nel momento in cui assume un contorno più definito e le sembianze di un reale e non effimero progetto politico. Un leader, però, che non sia “inventato” dalla maggioranza del partito – come appare quella del Presidente della Regione Toscana Rossi – oppure un esponente di quella “ditta”, lo dico con simpatia ed affetto, che ha come unico obiettivo quello di consolidare una posizione marginale, periferica e di pura testimonianza all’interno del partito. Una scelta politica, cioè, ininfluente e, di fatto, di pura testimonianza. Una scelta che, com’è facile immaginare, avrebbe anche un risultato poco lusinghiero essendo frutto di un’ambizione dimezzata che non punta al risultato ma a marcare solo una posizione politica. Forse anche di retroguardia e di pura conservazione.

Ecco perché il dibattito congressuale che ormai si è aperto nel Pd richiede che la politica sia la vera protagonista. Non per un istinto di retroguardia o di conservazione, appunto. Ma con un obiettivo di autentico rinnovamento politico da un lato e di capacità, dall’altro, di saper ricavare dalle radici culturali del passato lo slancio per consolidare un partito riformista, di centro sinistra e autenticamente popolare.

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