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sabato, 27 Luglio 2024

Caso Orlandi, possibili svolte e continue polemiche

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Non si placano le polemiche e i colpi di scena sul caso Orlandi in una fase in cui, dopo la stasi legata all’archiviazione del 2015, si sono aperte importanti novità. Una ripresa cui ha notevolmente contribuito il boom mediatico di “Vatican girl”, la docu-serie tv proposta da Neflix.  Tra la riproposizione di discutibili audio, lettere anonime, scontri al veleno, l’ultimo exploit è l’eloquente battuta di papa Francesco “è’ una cretinata” con cui, in volo verso l’Ungheria, ha liquidato le accuse a papa Giovanni Paolo II emerse dalle dichiarazioni di Pietro Orlandi dopo l’incontro con il promotore di giustizia vaticana Alessandro Diddi.  Dichiarazioni che hanno scatenato un vortice di polemiche anche a livello internazionale. A colpire, oltre a una gestualità eloquente, il gesto del capo con cui il fratello di Emanuela indicava dei piani altissimi su cui indagare, vi è stata quella frase, ormai di dominio pubblico: “Mi dicono che Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case”. Una frase di un discusso audio in cui Marcello Neroni, un sodale (non certo di primo piano del boss della Magliana di Renatino De Pedis). Una registrazione in cui le ragazze vittime vengono definite “zozzette” e che, secondo le voci critiche, non avrebbe alcun legame con il caso Orlandi. Insomma un possibile depistaggio per non guardare in altre direzioni ma solo indirizzando le attenzioni verso i vertici vaticani di quegli anni. 

Per Pietro Orlandi si tratta di forzature e cattive interpretazioni delle sue parole. Da tempo la sua linea è quella di privilegiare come unica pista quella della pedofilia con l’intervento della Banda della Magliana. Intanto la levata di scudi per difendere il papa santo è stata fortissima

Papa Francesco è così tornato su questo tema dopo aver definito, nel corso di un Angelus, che quelle contro il papa santo, sono illazioni offensive e infondate. La cronaca di questi giorni ha visto l’eco delle polemiche comportare la convocazione in vaticano di Laura Sgrò, legale degli Orlandi, da parte del promotore di giustizia Diddi, proprio in merito alle “voci” che coinvolgerebbero il papa polacco. Interpellata sulle fonti nel corso dell’incontro l’avvocato si è appellata al segreto professionale.

La reazione vaticana è stata insolitamente dura e immediata: “Nessuna prova nessun indizio. Solo testimonianze di seconda o di terza mano con accuse anonime assurde e infamanti” ha scritto su Vatican News il direttore editoriale Andrea Tornielli.

E’ inoltre da evidenziare come, subito dopo gli attacchi rivolti al papa polacco, si sia scatenata la consueta vandea tradizionalista in sala trumpiana di feroci critiche verso Papa Bergoglio per il suo silenzio sulle critiche a Wojtyla. Un papa, da quest’area dipinto come un eretico usurpatore.

La pronta reazione vaticana ha messo a tacere questi suoi denigratori strutturali almeno sulla questione dei complottistici sospetti legati alla non immediata reazione della Santa Sede.

Si è così aperto in touribillon di dichiarazioni, giustificazioni, accuse e ipotesi che puntano il dito verso i  piani alti del vaticano per la sparizione di Emanuela Orlandi.

Un quadro, quello proposto dal fratello di Emanuela Orlandi, protagonista di anni di battaglie e di petizioni che non hanno consentito che l’oblio chiudesse un caso archiviato dalla giustizia italiana, che sposa in pieno la pista pedofilia e che mette al centro della vicenda quel soggetto, il Vaticano rimasto da sempre a vario titolo coinvolto nella vicenda della quindicenne cittadina vaticana sparita nel nulla dopo una lezione di musica a Sant’ Apollinaire il 22 giugno 1983.

Attenzione però, perché anche sul caso Mirella Gregori, l’altra quindicenne sparita il 7 maggio 1983 e per la quale intervenne il presidente Sandro Pertini, sono emersi inquietanti contatti e presenze della gendarmeria vaticana.

Siamo vicini alla soluzione? Certamente rispetto alla disillusione dominante, conseguente alla contestata archiviazione del caso nel 2015  da parte della Procura di Roma, che avrebbe potuto mettere la parola fine  ad  anni di indagini e piste, inframmezzate da continui depistaggi, oggi si sono aperte importanti novità.

Certo permane un mix di forte perplessità e speranza sulle indagini vaticane, aperte a inizio anno dal promotore di giustizia Alessandro Diddi. Questo dopo decenni di silenzi d’Oltretevere, con dichiarazioni tombali come quella in cui il cardinal Beccio nel 2017 affermava: “ci dispiace ma per noi il caso Orlandi è chiuso”.

 Le nuove indagini, avviate a inizio 2023, e il nuovo clima voluto da Papa Francesco e dal cardinale Parolin, al momento registrano come unica concreta novità, oltre alla possibile convocazione di qualche canuto porporato sopravvissuto,  il cenno del promotore di giustizia, riferito a Pietro Orlandi, sull’esistenza di “polverose carte” dopo decenni di polemiche su un possibile fascicolo Orlandi visto sul tavolo di padre Georg.

Un fascicolo che è stato da poco descritto proprio da Georg (ex segretario di Papa Ratzinger ora nunzio in Costa Rica) come una semplice e insignificante cartellina di appunti.

Molte speranze sono invece riposte nelle verifiche, udienze e iniziative che, la costituenda Commissione d’inchiesta parlamentare, potrà avviare su un caso complesso e articolato in cui certo non mancano indizi, testimoni, indagati e documenti da approfondire per arrivare a quella verità dovuta ai familiari delle vittime innocenti e ad un intero paese.

Questo grazie anche al forte sostegno registrato da parte della classe politica. Un sostegno che ha registrato qualche incrinatura dopo le polemiche sugli attacchi al papa polacco. (Renzi). 

Chi si ostina a perseguire altre piste, oltre a quella della pedofilia, punta su diversi fattori emersi in decenni di indagini che partono da quel contesto internazionale di guerra fredda che portò all’attentato a Papa Giovanni Paolo II nel 1981. Un quadro torbido che vide all’opera servizi segreti di più paesi (con una particolare attività di quelli francesi) , nell’ambito di un vero e proprio scontro senza scrupoli tra fazioni vaticane che avevano al centro la politica anticomunista di quel papa polacco, autentico  protagonista di quella missione  che, partendo da Varsavia (attraverso il sostegno anche economico  fornito dallo Ior al sindacato Solidarnosc), causarono quelle prime profonde crepe che portarono all’ineluttabile declino dell’impero sovietico.

ricatti, mai ben chiariti, legati a questa vicenda, s’inquadrerebbero in quella pista finanziaria e in quei fondi neri che portarono al crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi in un clima torbido marchiato dalle ombre della P2 anche dietro la sacre mura e dalla strategia della tensione. 

Ma come si sono sviluppati quei ricatti che dovrebbero essere alla base dei sequestri che, secondo molti osservatori, sarebbero dovuti durare solo per un breve periodo?  Un tema mai chiarito in un vortice di pressioni articolate che difficilmente potrebbero rientrare in una pista alimentata solo dai vizi di alcuni porporati. Ricordiamo che all’epoca erano molti a “lavorare” per screditare e mettere alla gogna soggetti autorevoli delle varie fazioni in lotta senza esclusione di colpi dietro le mura leonine e non solo.

Un ricatto, questo è un dato certo, che portò l’attentatore al Papa, il turco Ali Agca, a ritrattare le accuse ai bulgari come mandanti, immediatamente dopo il sequestro di Emanuela Orlandi.  Una coincidenza? Non pare proprio.

Tutto il caso Orlandi è stato accompagnato da sistematici depistaggi e da episodi inquietanti come le strane cancellazioni di voci da una tristemente famosa cassetta audio, (nastri recapitati dai presunti rapitori all’Ansa di Roma il 17 luglio 1983 ), con le sevizie di una povera ragazza che, tutto lascia pensare  possa trattarsi proprio di Emanuela Orlandi.  Un episodio sconcertante, che fa rabbrividire anche a distanza di tanti anni, sul quale pesa come un macigno la possibile azione di servizi nel cancellare tre voci dei possibili aguzzini presenti nel nastro originale.  Su questo la Commissione d’inchiesta parlamentare, grazie ai mezzi tecnici oggi a disposizione, potrebbe far chiarezza.  Da ricordare come una copia dell’audiocassetta sia stata recapitata anche in Vaticano e sarebbe interessante sapere che fine abbia mai fatto questo documento.  Una cassetta che conteneva anche un lato B con delle rivendicazioni politiche di cui non si è quasi mai parlato e con la richiesta di uno scambio tra la Orlandi e Ali Agca.  Fa certo bene Pietro Orlandi a richiedere con insistenza dove sia finito quel nastro originale. 

Per il fratello di Emanuela la pista internazionale (indicata in origine come “terrorismo internazionale proprio dal papa polacco) sarebbe stata valida solo come supporto alla fase di avvio delle indagini, mentre ora le sue iniziative sono tutte orientate alla verifica di messaggi, comunicazioni, operazioni che avrebbero come protagonisti esponenti del vaticano coinvolti a vario titolo sul caso Orlandi.

In questo cahier de doléance è tornato d’attualità il tema, subito visto come probabile fake, di quelle spese mediche, sostenute dal Vaticano fino al 1997, per un ipotetico soggiorno londinese di Emanuela Orlandi. 

La guerra delle piste continua come la ricerca di verità, mentre ci si avvicina l’anniversario dei quarant’anni  dalla sparizione di un’altra quindicenne: Mirella Gregori, avvenuto il 7 maggio 1983, sul quale non si sono mai registrati particolari passi avanti nelle indagini. Un caso che anticipò di poche settimane quello di Emanuela Orlandi. 

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