Il Governo ha introdotto nuove misure per la finanza degli enti locali. Tra queste c’è anche una revisione delle modalità con cui i comuni possono avviare le procedure di pre-dissesto. Quello che può leggersi come un assist a Torino è stato annunciato da Luigi Marattin, Economista all’ Universita’ di Bologna e Consigliere economico della Presidenza del Consiglio. Lo stesso Marattin che, ironia della sorte, si è sempre opposto alle pretese – corredate da carte bollate – di Fassino prima e di Appendino poi in merito alla restituzione dei 61 milioni del fondo Imu-Ici.
Quali le novità introdotte dalla manovra finanziaria? Lo spiega Marattin: “Ad oggi chi va in pre-dissesto può spalmare il disavanzo in massimo 10 anni. Tradizionalmente gli enti locali chiedevano di poterlo spalmare in 30, una misura a cui il governo è sempre stato contrario, perché ipotecare, con i guai presenti o passati, il futuro di ben sei futuri sindaci sembrava un po’ eccessivo in un paese abituato a spostare sul futuro i propri problemi. Quindi abbiamo fatto altro. Ci siamo chiesti: ma perché tutti devo spalmare in 10 anni, indipendentemente da quanto è grande il disavanzo da spalmare? E allora, dal 1 gennaio, cambiano le regole. Se un comune ha un basso disavanzo da riassorbire, lo deve fare in tempi addirittura più che dimezzati rispetto a quelli attuali (4 anni); se invece ha un disavanzo molto grande rispetto alla sua capacità di pagarlo, lo può fare fino a tempi doppi rispetto a quelli attuali (20 anni); oppure, in caso di valori medi, 10 o 15 anni. Chi è già in pre-dissesto può quindi aggiustare il suo piano, cogliendo questa nuova opportunità. Ma chi ha già avuto un “cartellino giallo” dalla Corte dei Conti per non aver rispettato gli impegni finora, non può annullarlo (nonostante lo chiedesse con forza….)… per questi comuni, gli obblighi di iniziare a risanare davvero – pena il dissesto – rimangono assolutamente intatti”.
Durante il mandato di Piero Fassino – come certificato dalla stessa Corte dei Conti – l’indebitamento è sceso di quasi 400 milioni di euro, si è dimezzato l’ammontare dei contratti derivati, sono stati ridotti i residui attivi e passivi e il debito complessivo verso le partecipate ed è scesa costantemente la spesa corrente. Non tutti i problemi di bilancio, però, sono stati risolti: il ricorso all’anticipazione di tesoreria è storicamente molto alto e resta riassorbire il cosiddetto “disavanzo da riaccertamento straordinario” in rate 30ennali.
Esattamente come il suo predecessore Appendino è di fatto commissariata e spesso costretta a scelte impopolari come quelle delle alienazioni patrimoniali e di quote di società partecipate. A questa condizione di fatto si somma, però, una tendenza a non decidere, una gestione dei conti non sempre irreprensibile stando ai rilievi dei revisori dei conti e della magistratura e ricorso sempre più frequente alle entrate una-tantum siano esse da multe o da oneri di urbanizzazione.
Fino ad oggi l’amministrazione ha sempre negato di voler attivare procedure di pre-dissesto e ha concordato con la Corte dei Conti un piano di rientro non troppo convincente (i nostri approfondimenti su cassa e riscossione). Le nuove norme appena annunciate, però, potrebbero far cambiare idea a Rolando e Appendino e restituire alla giunta un po’ di agibilità politica. Il freno più grande a questa ipotesi paradossalmente non arriva dal Movimento 5 Stelle, ma dai papaveri della dirigenza comunale che in caso di pre-dissesto vedrebbero ridotti i loro emolumenti – così dice la norma – del 30%.