Il ritiro delle armi pesanti dal confine doveva iniziare entro lunedì, ma nel sud-est ucraino si continua a sparare. Denis Pushilin, portavoce dei ribelli, ha fatto sapere che i separatisti hanno l’obbligo morale di proteggere i propri miliziani dalle aggressioni nemiche, per questo un ritiro unilaterale delle armi pesanti è impensabile. Poche ore dopo Andrji Lisenko, portavoce delle forze armate ucraine, ha precisato che Kiev rispetterà l’accordo «solo dopo la realizzazione del primo punto dell’intesa di Minsk: il cessate-il-fuoco».
La situazione ucraina, dunque, continua ad essere molto tesa e i risultati raggiunti la settimana scorsa a Minsk sembrano portare a un nulla di fatto. In serata il colloquio tra Angela Merkel, Petro Poroshenko e Vladimir Putin, che insieme a Hollande hanno stipulato la tregua e che secondo quanto riferito in una nota del Cremlino avrebbero discusso della fragile situazione ucraina e della violenza perpetrata nella città di Debaltsevo, dove si continua a sparare.
Tra gli argomenti toccati durante la telefonata anche la possibilità, ora più concreta, di inviare degli osservatori dell’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (Ocse) nel sud-est del Paese. Secondo fonti interne all’ufficio della cancelliera tedesca, sarebbero infatti state concordate misure concrete per permettere agli inviati dell’Ocse di accedere al territorio del conflitto ucraino per monitorare il rispetto (o meno) della tregua tra le parti.
La stessa Merkel, tuttavia, ha ammesso la difficoltà del dialogo. « Non c’è nessuna garanzia che il cessate il fuoco tenga – ha ammesso la cancelliera – è una strada estremamente difficile». A darle ragione le ultime notizie riportate dall’agenzia ucraina Unian, che parlano di almeno cinque morti e 25 feriti tra i militari di Kiev nelle ultime 24 ore, nonostante la tregua scattata alla mezzanotte dello scorso sabato.
Su Facebook l’organizzazione “Difesa di Mariupol” ha denunciato la morte di cinque volontari del battaglione ultranazionalista “Azov” in uno scontro a fuoco avvenuto non lontano dalla città, mentre secondo quanto riportato dal comandante del battaglione “Donbass”, Semion Semencenko, dall’inizio della tregua almeno tre volontari tra le sue file sarebbero rimaste vittime del fuoco dei ribelli a Shirokine.
È impossibile capire da quale parte stia la responsabilità della violazione continua degli accordi di Minsk, separatisti e governativi continuano a puntarsi il dito contro a vicenda: le forze armate di Kiev accusano i ribelli di aver bombardato il quartiere Panfilovka di Donetsk (roccaforte dei separatisti) per poi accusare gli ucraini di non rispettare la tregua; i ribelli accusano invece i militari di aver bombardato l’aeroporto di Donetsk proprio mentre un leader separatista, Eduard Basurin, si trovava lì con dei reporter.