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domenica, 8 Settembre 2024

Trattativa Stato-Mafia, il giorno di Napolitano

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È iniziata alle dieci di questa mattina l’udienza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, test nel processo sulla trattativa Stato-Mafia condotto dalla Corte d’assise di Palermo. Magistrati, giudici e avvocati degli imputati sono stati accolti al Quirinale nella sala del Bronzino (dove solitamente si accolgono i capi di Stato), disposta appositamente per l’udienza blindata di oggi.
Primo ad arrivare è stato Alfredo Montalto, presidente della Corte d’assise di Palermo, seguito a breve distanza di tempo dal sostituto procuratore Nino Di Matteo, dai procuratori reggenti Leonardo Agueci e Vittorio Teresi, e dai sostituti Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.
Il Quirinale è stato categorico per quanto riguarda la possibilità che i mezzi d’informazione assistessero alla sua deposizione; ad un certo punto era anche circolata l’ipotesi che la stampa potesse seguire l’incontro da remoto, ma il Colle ha subito negato ogni possibilità.
Rigidissime dunque le condizioni imposte dall’entourage del Capo dello Stato, che ha vietato anche l’introduzione di cellulare, pc o tablet, assicurando però che la deposizione di Napolitano verrà registrata e trascritta per poi essere messa a disposizione della Corte.
Venti le domande stilate dagli inquirenti e sottoposte al presidente della Repubblica. E, anche se non è concesso seguire l’incontro con i magistrati, si può supporre a ragione che la prima parte del colloquio riguarderà le preoccupazioni espresse da Loris D’Ambrosio – ex consigliere giuridico di Napolitano – in una lettera datata giugno 2012 e scritta un mese prima di morire.
Nella missiva – resa pubblica da tempo dal Quirinale – D’Ambrosio diceva di temere di «essere stato considerato solo un ingenuo e inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi» nell’epoca in cui, tra il 1989 e il 1993, ricopriva le cariche di Alto commissariato per la lotta alla mafia e di funzionario al Ministero della Giustizia.
A questo proposito Napolitano ha già risposto di non avere ulteriori informazioni che possano rendersi utili per le indagini, ma i magistrati proseguono per la loro strada. Altro argomento che verrà con ogni probabilità toccato è quello relativo all’allarme lanciato nel 1993 dal Sismi, che metteva in guardia da possibili attentati alla vita di Napolitano e Giovanni Spadolini, allora presidenti rispettivamente di Camera e Senato.
La nota degli 007 depositata dalla procura di Palermo al processo sulla trattativa Stato-Mafia segue a breve distanza quelle relative alle bombe scoppiate tra Firenze e Milano. Di più. Il 28 luglio 1993 la mafia compì degli attentati nelle chiese della Capitale dedicate a San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano; l’allarme lanciato da una fonte confidenziale tuttora sconosciuta al Sismi, circa il pericolo corso da Napolitano e Spadoolini arriva il 29 luglio. Gli inquirenti stanno cercando di capire se esista un nesso tra questi eventi.
Erano anni complessi e pericolosi. E la procura di Paleremo ritiene che capire a pieno le questioni che riguardano il presidente della Repubblica potrebbero aiutare a far capire se alcuni componenti delle istituzioni strinsero patti con Cosa Nostra negli anni delle stragi.
Dopo il colloquio con i pm è previsto il controesame dei legali degli imputati nel processo. In particolare l’avvocato di Totò Riina ha chiesto e tenuto di interrogare Napolitano circa gli eventi del 1993 e 1994.

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