Il compimento del quarto anno di sindacatura Appendino ha aperto da un canto ad un confronto sul giudizio dei quattro anni passati, dall’altro alle speculazioni sulle elezioni dell’anno prossimo.
Prendo spunto, per fare qualche considerazione anche io, da Salvatore Tropea che su Repubblica definisce quella dell’anno prossimo una “partita a due” tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, con quest’ultimo che avrebbe il vantaggio di avere già pronta la ricandidatura della sindaca uscente.
Non la vedo così.
La ricandidatura di Appendino deve prima superare lo scoglio dell’aurea regola cinque stelle del doppio mandato, tema tutt’altro che secondario in un movimento così ideologico. Inoltre, me ne porto dietro la convinzione dalla campagna elettorale delle regionali, il giudizio sul suo operato è negativo da parte della stragrande maggioranza della cittadinanza, con una straordinaria trasversalità sociale e territoriale. E questo dato non sfugge né a lei né alla srl che controlla il movimento: più facile dunque che le continue sortite mediatiche di questi giorni rappresentino il (disperato) tentativo di alzare il prezzo nella trattativa per una wayout ancora da immaginare.
Ma allora perché insistere a raccontarsi una candidatura che non esiste, con lo scopo più o meno dichiarato di accompagnare un accordo che il PD ha già definito impossibile?
Il giorno dopo l’inaspettata sconfitta di Piero Fassino, una parte significativa di quel sistema Torino che i pentastellati si proponevano di abbattere ha aperto un credito quasi illimitato alla Sindaca. Per paura o per improvvisa rivelazione, per l’irrompere del tema delle periferie nel discorso pubblico o per quella attitudine pedagogica di certa sinistra nei confronti dei compagni che sbagliano… Mille motivi che rendono difficile ammettere il totale fallimento di questi quattro anni.
Eppure la denuncia puntuale di quel fallimento è la strada giusta, e il PD l’ha imboccata per tempo, per recuperare il consenso di quanti 4 anni fa hanno votato per un cambiamento che non c’è stato e ora delusi cercano nell’agone elettorale chi può interpretare una nuova speranza.
Non sarà certo chi ha tradito quelle aspettative l’interlocutore giusto per recuperare quel consenso, ma servirà piuttosto una proposta politica nuova, che riparta (anche) dalla consapevolezza dei limiti della stagione del centrosinistra. Semplice così? No, perché il nostro avversario sarà la destra.
Daniele Valle
Consigliere Regionale Piemonte – Partito Democratico