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mercoledì, 23 Ottobre 2024

Rottamazione, a che punto siamo?

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

La “rottamazione” è stata la felice ed efficace parola d’ordine coniata da Matteo Renzi per conquistare il Partito democratico alle primarie del 2013. Una parola d’ordine che ha cambiato in profondità il volto, l’immagine e lo stesso profilo politico del Partito democratico. Oltreché della politica italiana. Uno strumento che ha permesso al leader fiorentino di sbarazzarsi di una serie di persone – tranne alcune e singolari eccezioni – che avevano, sino a quel momento, caratterizzato e accompagnato la storia politica e culturale del Pd e dei partiti che l’avevano preceduto. Una operazione di indubbio valore, anche rivoluzionario”, che ha permesso a Renzi di impadronirsi del partito e di trasformarlo rapidamente, con lucidità e coerenza,  in una sorta di “Pdr”, cioè partito di Renzi, come lo definisce ormai da mesi Ilvo Diamanti sulle colonne di Repubblica.
Insomma, la rottamazione ha avuto un effetto dirompente nel Pd, nella politica italiana e nello stesso lessico contemporaneo.
Ora, a distanza di un anno, e per fermarsi al Pd, si tratta di capire se la rottamazione continua ad essere un elemento caratterizzante della strategia renziana oppure se aumentano le eccezioni rispetto all’impeto iniziale. Eccezioni riscontrabili a livello nazionale come a livello locale. Perché un dato è chiaro. Se la rottamazione non è solo uno strumento per eliminare gli avversari interni più autorevoli ma anche una modalità concreta per rinnovare in profondità la politica italiana, è indubbio che questo processo deve essere irreversibile e non può fermarsi all’esclusione di pur lodevoli eccezioni.
E questo è un elemento che continua, invece, a far discutere nel partito perché a volte si ha la sensazione che questo processo trova difficoltà a dispiegare tutta la sua potenzialità a livello locale, nella vasta e articolata provincia italiana.
Dico questo perché la selezione e la formazione della classe dirigente continuano ad essere un aspetto decisivo per ridare credibilità alla politica e qualità alla stessa democrazia. E proprio la selezione dei gruppi dirigenti dei partiti è la cartina di tornasole per misurare il tasso di reale cambiamento, predicato ovviamente da tutti,  dei vari soggetti politici.
Ecco perché diventa interessante, oltreché curioso, verificare come la rottamazione si sta realmente declinando nel Pd. Una prassi, di metodo e di contenuto, che adesso deve procedere spedita. Non solo per la rapidità e il dinamismo che ha caratterizzato, sino ad ora, la segreteria di Matteo Renzi ma anche, e soprattutto, per evitare che ritornino di moda operazioni di mero gattopardismo.

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