Continua il muro contro muro tra il premier Enrico Letta e il segretario del Pd Matteo Renzi. Tanto che, tentando di mettere a tacere con un colpo di coda quanti in queste ore stanno già componendo l’epitaffio del suo governo, il presidente del Consiglio annuncia per oggi la presentazione del suo nuovo patto di coalizione, Impegno Italia.
Non sembra dunque essere andato a buon fine il faccia a faccia di questa mattina tra Letta e Renzi, come testimonierebbero fonti interne al governo che raccontano come entrambe le parti siano rimaste ben salde nelle loro posizioni.
Di sicuro, o perlomeno risolutivo, per ora non vi è nulla. Il segretario del Pd, uscito verso le 12.30 dalla riunione con Letta non ha rilasciato dichiarazioni e si è diretto verso Largo del Nazzareno dove ha riunito i suoi fedelissimi. «Leggo tante ricostruzioni sul governo. Quello che devo dire, lo dirò domani alle 15 in direzione. In streaming, a viso aperto», scrive Renzi su Twitter.
L’unico indizio del clima di tensione, dunque, sembra essere l’anticipazione a domani della direzione di partito. E mentre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da Lisbona chiede al partito democratico una posizione risolutiva, continuano insistenti le voci di una staffetta Renzi-Letta rispetto alla quale le diverse forze politiche stanno già prendendo posizione.
Se già ieri Scelta civica, attraverso il capogruppo alla camera Andrea Romano, aveva chiesto le dimissioni di Letta come atto di responsabilità, oggi anche la Lega sembra aprirsi all’ipotesi di un avvicendamento alla guida del governo.
«Non diciamo no a priori – ha detto chiaramente Matteo Salvini, segretario del Carroccio – Renzi ci dica se vuole esentare dalle tasse gli alluvionati, cancellare la riforma Fornero e ridiscutere dell’euro e dell’Europa. Se ci stupisce con risposte concrete noi non siamo pagati per dire no a priori. Non credo che le elezioni politiche siano a breve ma a livello nazionale noi siamo soli, liberi e forti».
Di diverso avviso sembra invece essere Forza Italia che continua a chiedere elezioni anticipate. «Se Renzi diventasse premier sarebbe il terzo presidente del Consiglio che non è passato per un voto popolare dopo Monti e Letta» ha affermato indignato Renato Brunetta che per l’occasione rievoca un clima da prima repubblica.
Scettico anche il leader di Sel, Niki Vendola, che sostiene di non poter accettare di entrare in un governo insieme alla destra. «Se lo schema resta quello del governo Letta – spiega Vendola – non esiste alcuna possibilità per Sel di sostenere Renzi a Palazzo Chigi».
Alessandra Del Zotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA