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giovedì, 24 Ottobre 2024

Renzi cambia verso alla "buona Scuola". Giannini: "Sono basita"

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Matteo Renzi ha abituato il pubblico all’arte della sorpresa, vera o fasulla che fin qui si sia rivelata, ma il dietrofront di questa mattina ha sbigottito tutti, innanzitutto i suoi ministri di governo, a cominciare da quello dell’Istruzione, Stefania Giannini. La riforma della Scuola è nata attraverso un twett, con l’invenzione dell’hashtag #labuonascuola. La garanzia di un veloce ed efficiente decreto è durata il tempo di inverno adoperato per prender tempo, per tentare di calmare soprattutto le acque del precariato messo sotto naftalina con l’ausilio della promessa (120mila persone restano in graduatoria). Stamane Renzi ha annunciato, tanto per cambiare, che la via del decreto è stata archiviata e che il suo governo procederà con un disegno di legge per via parlamentare. La Giannini si è detta «basita» per aver saputo di questa novità solamente poche ore prima della presentazione del decreto e del Consiglio dei ministri previsto per oggi.
«Stiamo lavorando a un cambiamento radicale, ma vogliamo coinvolgere maggioranza e opposizioni: sulla scuola voglio dare un messaggio al Parlamento, riprendendo lo spirito delle dichiarazioni delle opposizioni e del presidente della Repubblica. Proporremo un disegno di legge, chiedendo tempi certi al lavoro parlamentare. Se tutti saranno rispettosi e attenti, se non ci sarà ostruzionismo, allora ragioni di urgenza saranno rispettate dal normale dibattito parlamentare», ha dichiarato Renzi.
L’analisi del cambio di rotta si presta necessariamente alle interpretazioni. Il premier sembra mal sopportare le imbeccate che vengon da fuori Palazzo Chigi ma si presta con particolare nonchalance al circo del chiacchiericcio. La rinuncia al decreto che cos’è? Una prova di forza per misurare la fedeltà del Parlamento alle sue ambizioni? Una dimostrazione pubblica di rifiuto delle accuse dittatoriali che arrivano dalle opposizioni? O invece, semplicemente, è una scelta figlia delle incertezze delle linee guide di una riforma che è stata descritta come rivoluzionaria? O, ancora più linearmente, è il rinnovo del gioco dei nemici immaginari e/o mediatici da generare senza sosta per poter avere più libertà nel gridar “rottamazione, rottamazione, rottamazione”?

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