Scritto da Renato Graziano
Ci sono temi che non invecchiano mai, sfortunatamente : il razzismo e l’esclusione dei diversi son fra questi e la cronaca quotidiana ce lo ricorda continuamente. Cinema e letteratura ripropongono periodicamente film e libri che aiutano a riflettere e a confrontarci con l’orrore.
L’anno scorso ad esempio, dopo l’uscita di due film di successo come “Django Unchained” di Quentin Tarantino e “12 anni schiavo” di Steve McQueen è uscito in Italia “La ferrovia sotterranea” di Colson Withead, vincitore del Pulitzer 2016, nel quale l’autore ci racconta la condizione degli schiavi nel nordamerica razzista del XIX secolo , attraverso le vicende di Cora, una donna nera schiava, in fuga dai suoi carcerieri. L’originalità del libro si manifesta con l’uso di una metafora poetica e suggestiva: il network di appoggio agli schiavi in fuga dai campi di lavoro degli stati confederati del sud da parte dei bianchi antirazzisti e costituito da rifugi e soccorsi di cibo e cure mediche ai fuggitivi per consentirne l’approdo al sicuro negli stati più ospitali del nord è trasformato nel libro in una reale ferrovia che corre in gallerie scavate sottoterra.
Quindi la narrazione si sviluppa nel suo percorso fra Georgia, Carolina del Sud e del Nord, Tennessee e Indiana con l’eroina che, “scendendo” alle varie stazioni della ferrovia sotterranea viene a contatto di varie realtà segregazioniste : egoismo, solitudine e ferocia sono il denominatore comune nelle stazioni di una via crucis fatta di stupri, tradimenti , impiccagioni, evirazioni e falò umani fino alla ipocrita e incredibile clinica in cui le schiave diventano macchine di riproduzione sessuale per generare nuovi schiavi.
La fuga diventa poi frenetica quando sulle tracce di Cora si mette il più rinomato “cacciatore di schiavi” ingaggiato dal “proprietario” di Cora, come erano usi fare gli schiavisti per recuperare le loro proprietà e per dare il buon esempio, naturalmente impiccando i reprobi alla presenza dei compagni di lavoro invitati ad assistere alla punizione.
Un libro duro, narrativamente affascinante e terribile, basato su documentazioni storiche che sono state condotte dall’autore per ricostruire le storie portate nel testo che, si potrebbe scommettere, potrebbe diventare un classico ad arricchire la bibliografia del razzismo, proprio come un classico sicuramente è diventato “Il buio oltre la siepe” che ho riletto recentemente proprio sulle suggestioni della precedente lettura.
Il libro di Harper Lee, uscito nel 1960, a sua volta premio Pulitzer è stato una lettura giovanile in quegli anni quasi obbligata e favorita anche dal bel film di Robert Mulligan con l’impeccabile Gregory Peck nei panni dell’integerrimo avvocato Atticus Finch. E che sia un classico lo testimonia la perdurante efficacia della sua trama narrativa, imperniata sul processo al “povero negro” Tom Morrison, vanamente difeso da Atticus e condannato da una giuria bianca nonostante l’evidenza della sua innocenza nello stupro della giovane bianca Mayella.
La narrazione, condotta con il punto di vista della giovanissima Scout, figlia di Atticus e sorella di Jem il fratello maggiore, con cui condividerà le dure conseguenze della scelta del padre di difendere un nero che tutta la città vuole colpevole introduce oltre al razzismo anche al sentimento di estraneità e segregazione che colpisce i deboli o chi li assiste. E il deus- ex machina della vicenda si rivelerà il più emarginato dei bianchi, quell’uccellino spaurito cui si riferisce il titolo originale dell’opera “To kill a “Mockenbird” (Uccidere un uccellino).
E il buio oltre la siepe, quella zona oscura che ci rifiutiamo di perlustrare per paura o pregiudizio, andando oltre il piccolo spazio del nostro giardino. Oltre la siepe, ci sembra ancora oggi, davvero, così attorno a noi.
LA FERROVIA SOTTERRANEA di Colson Whitehead Edizione BigSUR Pagg. 376 20€
IL BUIO OLTRE LA SIEPE di Harper LeeEdizione Feltrinelli 15,90€