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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Tempo di vivere, tempo di morire: è l’affresco esistenziale sulla Seconda Guerra mondiale che il noto scrittore tedesco Eric Maria Remarque scrisse nel 1954. In quei due verbi asimmetrici lo scrittore cercava un segno di speranza per ridare dignità all’umanità dopo la grande catastrofe. Ed è ciò, se vogliamo, che ognuno di noi confida nell’esistenza: la separatezza dei momenti da cui dovrebbe nascere il nuovo.

A Torino, invece, città provata dalla presunta catastrofe finanziaria provocata dal centro sinistra, secondo i grillini (che non hanno del tutto torto, altrimenti non esisterebbero), si scopre che quei due verbi asimettrici sono perfettamente confluiti in uno, di cui non se ne conosce però il significato. O non ancora. In compenso la città grazie ai suoi amministratori ora conosce la più totale inazione: né vive, né muore, semplicemente vegeta. Ed è un vegetare spacciato per “rivisitazione” dei problemi. Dalle periferie a Gtt la politica inaugurata dalla sindaca Appendino sembra sempre più un giro turistico all’insegna dei progetti futuri, di cui non c’è certezza.

Come per la Metro 2 che rischia di abortire prima di vedere lo schizzo di uno straccio di percorso. Secondo i grillini l’ascesa di nostra signora Appendino doveva coincidere con l’età dell’oro derivata dall’apertura della stagione di caccia al ladro, in nome dell’onestà. Intenzione meritoria. Ma di oro non c’è traccia, e quanto all’onestà, c’è da domandarsi come la si misura se si vive nella povertà. E non solo di idee.

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