Scritto da Gabriele Richetti
L’autunno del 1909
In un autunno come tanti altri, Racconigi, il Piemonte e l’Italia intera si apprestavano ad ospitare uno dei più grandi sovrani dell’epoca e della Storia.
In quell’ottobre 1909, che colorava le colline piemontesi come aveva fatto nelle stagioni precedenti e come avrebbe fatto, con la stessa bellezza, in quelle successive, lo zar di tutte le Russie, Nicola II Romanov, era in viaggio verso Torino.
Il castello di Racconigi
La visita aveva in primis lo scopo di rafforzare l’alleanza (e la sincera amicizia) tra Nicola e Vittorio Emanuele III, che era stato a San Pietroburgo nel 1902. In secondo luogo, i sovrani avrebbero potuto discutere, al riparo da occhi indiscreti, della questione balcanica e della crescente influenza austriaca in quella zona.
Lo zar, ignaro, ovviamente, di quanto sarebbe successo alla Russia e al Mondo (e alla sua famiglia) da lì a qualche autunno, sarebbe stato ospite del re Vittorio Emanuele II a Racconigi. Non era una location qualunque: spesso residenza estiva dei Savoia, il castello di Racconigi aveva già avuto l’onore di accogliere molti personaggi giunti in visita ai reali d’Italia. Si trovava inoltre lontano dalle questioni politiche di Roma, rappresentando una dimora più intima e famigliare.
Il tragitto scelto dallo zar
Sorprende il percorso scelto da Nicola II per raggiungere la meta piemontese: pur di evitare il territorio della rivale Austria, lo zar aveva allungato di circa 3.000 chilometri il tragitto che il treno imperiale avrebbe percorso.
Ad un più sensato Russia-Vienna-Verona-Milano-Torino, Nicola aveva preferito partire da Varsavia, attraversare Germania e Francia e giungere a Torino passando da Bardonecchia. Qualsiasi cosa pur di non passare sul suolo austriaco, insomma.
L’Illustrazione Italiana così descrive gli ultimi chilometri del viaggio nel tratto italiano:
“Da Bardonecchia a Torino e Racconigi il viaggio è riuscito completamente. Vi erano, è vero, su un percorso di 130 chilometri di ferrovia, non meno di undicimila uomini distribuiti in servizio di pubblica sicurezza, ma chi avrebbe perdonato al governo se, per mancanza di vigilanza, qualche matto o mattoide imbevutosi di tutte le scempiaggini sovversive predicate contro lo zar in manifesti distribuiti in larga mano, avesse avuto libero agio di perpetrare qualche pazzesco attentato o di usare qualche villania?”
Il tono del trafiletto, in pieno stile di inizio novecento, può apparire pomposo, ma la ferita lasciata dalla morte del re Umberto I per mano dell’anarchico Gaetano Bresci era ancora decisamente fresca.
D’altra parte, in quei giorni gli anarchici torinesi erano impegnati nella distribuzione in via Sacchi di manifestini polemici che recitavano: “Giunge a Racconigi passando per Torino il truce e sanguinario tiranno, sanguisuga opprimente e assassino del proletariato russo. Noi non gli diamo in alcun modo nessun benvenuto. Viva l’anarchia, viva Bresci!”. Meglio non correre rischi.
A Bardonecchia, al passaggio del treno imperiale dopo la galleria del Fréjus, l’esercito intona le note dell’inno russo e la compagnia d’onore presenta le armi. A Moncalieri, i gendarmi vietano agli abitanti di affacciarsi alle finestre vicino ai binari e li obbligano a rimanere in casa per evitare qualsiasi tipo di imprevisto.
Quasi come un turista qualunque
Nicola II, giunto a Torino, visita la Basilica di Superga e le tombe dei Savoia, rimanendo colpito, raccontano le cronache del tempo, dai colori che l’autunno dipinge sulle colline torinesi.
Una volta raggiunta Racconigi, il 23 ottobre 1909, dove si fermerà tre giorni, lo zar prosegue per Bra, Sommariva, Carmagnola e Pollenzo.
Un cronista de l’Illustrazione Italiana così descrive lo zar, per soddisfare la curiosità di centinaia di lettori: “Ecco: è un uomo di media statura, dal portamento marziale e svelto nelle movenze; il suo volto ovale è regolarissimo e di un pallore quasi cereo; una barba castana e rada lo incornicia e ne addolcisce la linea. Nell’occhio azzurro, lungo e tagliato a mandorla, il cui sguardo non ho potuto che afferrare per un attimo, mi è parso di scorgere un velo di tristezza. Più che la forza e la volontà, il suo viso e la sua figura esprimono la fatalità; è in lui qualche cosa di misterioso e d’immobile; qualcosa di solenne, come le immagini dipinte sulle mistiche icone”.
Nicola II, dopo il soggiorno a Racconigi, farà ritorno in Russia. Nessuno, in quei giorni di pacata euforia, avrebbe potuto immaginare che di lì a qualche anno una guerra mai vista avrebbe cambiato la Storia del Mondo e della Russia, ponendo fine tragicamente e con violenza alla dinastia dei Romanov e alla vita dello zar e di tutta la sua famiglia.