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giovedì, 24 Ottobre 2024

Processo Musy, la difesa di Furchì chiede l'assoluzione: "Accuse infondate"

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Il processo alla Corte d’Assise di Torino contro Francesco Furchì, accusato dell’omicidio di Alberto Musy, è alle ultime battute. Il ferimento del consigliere comunale dell’Udc avvenne il 21 marzo 2012. Dopo 19 mesi di agonia Musy morì in ospedale. Il procedimento giudiziario è iniziato sul finire del 2013, ora è vicino il pronunciamento della sentenza, anche se, all’oggi, il presidente della Corte, Pietro Capello, affiancato dal giudice Giampaolo Peyron, ha fissato solamente l’udienza per le repliche, convocata per il prossimo 28 gennaio.
Stamattina, in aula, l’avvocato difensore di Furchì, Giancarlo Pittelli, ha contrattaccato le tesi accusatorie del pm Roberto Furlan e della parte civile, rappresentata da Gian Paolo e Valentina Zanca, che hanno chiesto l’ergastolo per il presunto assassino del consigliere. «Non c’è alcun alibi falso precostituito» ha detto Pittelli, accusando la procura di aver compiuto un «travisamento della prova». A partire da queste premesse l’avvocato Pittelli, componente del pool di difensori di Furchì, ha anticipato che chiederà l’assoluzione del suo assistito, evidenziando che «A Furchì è stata data la possibilità di costituirsi un alibi e lui non lo ha fatto».
Pittelli, nelle sue due ore di intervento, ha toccato i tanti punti sollevati dall’accusa. «Furchì non ha un alibi, ha sempre offerto la descrizione della sua giornata tipo, ha insistito perché gli investigatori studiassero i suoi tabulati telefonici» ha ricordato, ostentando dubbi anche sulla riconosciubilità del soggetto ripreso dai video quella mattina: «Quando si dice che il killer ha un’altezza compresa tra 168 e 176 cm è un dato troppo generico. E, soprattutto, non può valere la comparazione tra un uomo in carne ed ossa e un fotogramma, un fantasma, per giunta camuffato”. Pittelli ha anche specificato la situazione nella quale Furchì era coinvolto: «Che Furchì sia stato un individuo sfruttato, non ne ho dubbi. Erano tutti pronti a salire sul palco dei convegni che organizzava. Sicuramente è un uomo ambizioso e si aspettava che qualcuno prima o poi gli avrebbe riconosciuto qualcosa».
L’avvocato ha quindi così concluso: «Sono profondamente dispiaciuto per la famiglia Musy, per il sogno spezzato di una famiglia per bene. Ma la compassione non deve trasformarsi in un’ingiustizia nei confronti di un uomo innocente».

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