La Corte d’Appello di Torino per la prima volta in Italia ha accolto la richiesta di due donne omosessuali di riconoscere il loro bambino, (nato in Spagna con la fecondazione eterologa), come figlio di entrambe. I giudici, hanno quindi ordinato all’ufficiale di stato civile del Comune del capoluogo piemontese di trascrivere la nascita del bimbo come “figlio di due mamme”.
Il Tribunale, in un primo momento, aveva respinto la richiesta di trascriverlo nell’anagrafe italiana ritenendola «contraria all’ordine pubblico» in relazione alle norme in materia che fanno riferimento ai concetti di “famiglia tradizionale” composta da padre, madre, marito e moglie.
Ad oggi però, la decisione dei giudici torinesi si ribalta, basandosi sulla necessità di «garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni, nell’esclusivo interesse del bambino cresciuto da due donne che la legge spagnola riconosce entrambe come madri».
Le due donne, sposate in Spagna, nello stato civile del Comune di Barcellona sono infatti registrate come “madre A” e “madre B”. Ma oggi, in seguito al divorzio avvenuto nel 2014, le mamme hanno scelto la condivisione della responsabilità genitoriale e secondo la Corte d’Appello, presieduta da Silvia Daniela, la mancata trascrizione dell’atto di nascita, verrebbe infatti a «comprimere il diritto all’identità personale del minore e il suo status in Italia».
Ovvero, la mancata trascrizione comporterebbe problemi e conseguenze non poco trascurabili in relazione alla circolazione del minore sul territorio italiano.
Secondo la decisione della Corte subalpina quindi, il bambino nato in Spagna da fecondazione eterologa, risulta essere ora ufficialmente figlio di due mamma anche in Italia e questo primo caso potrebbe aprire la strada a tante altre famiglie “non tradizionali”.
Dal Comune di Torino, intanto, fanno sapere di aver interpellato la Prefettura ai fini di un chiarimento da parte dell’Organo di Governo. Una prassi questa, da seguire «nei casi in cui sia necessario approfondire l’interpretazione delle norme, essendo gli Enti Locali delegati semplicemente a eseguire e applicare le norme di Stato Civile».
“Questa sentenza della Corte d’Appello – sottolinea Ilda Curti, l’assessore comunale alle pari opportunità – conferma ancora una volta come sia urgente l’intervento legislativo che consenta a tutti i cittadini – qualsiasi sia il loro orientamento sessuale, la loro razza, la loro religione, la loro identità di genere – di godere degli stessi diritti e adempiere agli stessi doveri».
Il bambino, secondo l’assessore regionale ha diritto di avere riconosciute le due figure genitoriali di riferimento, che lo tutelino anche se, come in questo caso, si tratta di due persone dello stesso sesso. L’importante secondo la Curti è che abbiano nei suoi confronti gli stessi diritti e gli stessi doveri di un qualsiasi altro genitore. «La richiesta di parere – prassi quando si tratta di questioni relative alle competenze delegate ai Comuni – è finalizzata ad avere un’interpretazione univoca della norma. È evidente – conclude l’assessore – che urge un impianto legislativo che prenda atto dei cambiamenti sociali e civili in corso e riconosca finalmente pari opportunità e medesimi diritti/doveri a tutti i cittadini, senza discriminazione alcuna».