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mercoledì, 23 Ottobre 2024

Con Pollicino Torino smarrisce la strada

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Scritto da Michele Paolino
La favola ci racconta che un padre disperato abbandonò i suoi figli nel bosco, ma uno di loro, Pollicino, ritrovò la strada di casa, grazie allo stratagemma di disseminare il sentiero di sassolini bianchi, dove nel frattempo la fortuna aveva arriso ai genitori. I soldi, però, finiscono in fretta e i bambini vengono di nuovo lasciati nel bosco: il buon Pollicino lascia questa volta delle briciole di pane che, mangiate dagli uccellini, non gli consentiranno più di ritrovare il sentiero.
La favola del francese Charles Perrault, molto simile a quella di Hansel e Gretel dei fratelli Grimm, si presta per due ragioni come metafora della vicenda relativa alla candidatura di Torino come città organizzatrice delle Olimpiadi 2026.
La prima ragione è legata allo svolgimento della favola. Una famiglia povera da una parte, una città colpita dalla crisi della sua più importante azienda dall’altra. Un bambino intraprendente al pari di chi, istituzioni e parti importanti del sistema sociale, culturale ed economico cittadino, ha provato a cercare, a segnare una strada, un sentiero, un percorso per “uscire dal bosco” della deindustrializzazione, della delocalizzazione, di una globalizzazione che condannava chi per troppo tempo aveva mantenuto una sola, esclusiva vocazione produttiva. Una boccata d’ossigeno, la fortuna nel caso della fiaba, le Olimpiadi 2006 nel caso di Torino. Ma quando finiscono i soldi, quando la nostra città viene investita dai venti di una crisi mondiale gelidi e persistenti, ecco che si ritorna nel bosco, questa volta per smarrirsi perchè Pollicino non dissemina il sentiero di solide pietre ma di vulnerabili briciole.
La seconda ragione sta nel nome del protagonista: Pollicino. Tanto nella fiaba quanto nell’attualità politica e amministrativa torinese.
Marina Pollicino, insegnante, consigliera comunale eletta con 185 voti e subentrata al consigliere Alberto Unia, promosso in giunta in seguito alle dimissioni dell’assessore Giannuzzi, sacrificata sull’altare delle responsabilità in seguito ai tristi fatti di piazza San Carlo, è una dei quattro assenti nel Consiglio Comunale di lunedì scorso che doveva discutere la mozione che propone la candidatura della nostra città alle Olimpiadi invernali del 2026.
Insieme ai suoi compagni di partito Damiano Carretto, Daniela Albano Viviana Ferrero, ha portato la nostra città a perdersi nel bosco, a smarrire la strada, a non cogliere quella che, dalla maggior parte degli operatori economici e, molto probabilmente, dei cittadini, viene considerata come un’opportunità, una seconda chance. Insomma, non hanno, probabilmente, nemmeno letto la relazione annuale della Fondazione Rota che invitava, oserei dire implorava, la Città a “ritrovare la rotta”.
E qui veniamo alle tante incongruenze politiche della vicenda. Perchè il Movimento del “Partecipa, scegli, cambia” non accetta la proposta di un referendum, previsto dallo Statuto della Città, proposto da più parti, consentendo ai torinesi di esprimersi e quindi di partecipare e scegliere? A nome di chi parla la consigliera Pollicino, che seguendo la narrazione grillina è la portavoce dei cittadini: dei suoi 185 elettori? Essendo una dei 23 (perché nel frattempo hanno già perso un pezzo) rappresentanti eletti nel Movimento Cinque stelle, parla, per la sua parte, a nome del 28 % dei torinesi che quel movimento hanno votato? E tutto il resto della città non conta, non deve essere considerato?
Senza dimenticare che il fondatore del Movimento si è comunque espresso a favore, smentendo quanto sostenuto a proposito della candidatura di Roma, e che si ha notizia di “sondaggi” tra i militanti a 5 stelle che in maggioranza sarebbero favorevoli. Alla faccia dei portavoce. Di 185 torinesi, amici e parenti compresi.
E non si può sostenere, come ha fatto la Pollicino comunale sul suo profilo Facebook, che l’alternativa è tra non fare le Olimpiadi o “un ulteriore aumento delle tariffe per la ztl, l’allargamento delle strisce blu, il taglio ai servizi educativi, le tariffe mensa più alte d’Italia, i tagli sul sociale”, anche perché ulteriori aumenti sarebbero al limite dello strozzinaggio.
L’alternativa deve essere tra due modelli di sviluppo, tra due vocazioni, tra due attrattori di investimenti e di opportunità: se non vuoi le Olimpiadi devi dirci cosa proponi perché il nulla, lo stare fermi, condanna la Città a soccombere nella competizione con le altre aree, con le altre metropoli.
Infine a sorprenderci è lo strumento utilizzato per rappresentare la propria posizione. Far mancare il numero legale. Dove sta la diversità, la discontinuità grillina, la trasparenza, la casa di vetro, lo streaming? Perché non andare in aula e articolare il proprio pensiero, rappresentare le proprie perplessità, esprimere la propria opinione in merito? Questo strumento, questa furbata, oltre ad essere un mezzuccio per non prendersi le proprie responsabilità è una mancanza di rispetto verso una città intera che ha sempre visto, fin da quando si autofinaziò la costruzione di Palazzo Civico pur di rimarcare la propria autonomia rispetto a Casa Savoia, nelle sue istituzioni un punto di riferimento credibile ed autorevole.
Ed è questo, la perdita di autorevolezza e di affidabilità, il vero danno che Pollicino e soci hanno causato a tutta la comunità torinese, sono queste le briciole di pane che hanno sparso, in balia dei corvi, lungo una strada che, come direbbe Guccini, non porta mai a niente.

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