Tutti si mobilitano nell’aiutare, in svariati modi, i curdi iracheni e siriani nel conflitto contro l’Isis. Fsa compreso. Come se l’Isis fosse solo in Iraq e nella città curda siriana di Kobane. Il gruppo fondamentalista è in Siria dall’estate del 2012 e, finché era una minaccia solamente per la Siria, nessuna potenza internazionale si è mobilitata per armare coloro (Fsa) che combattono questi estremisti.
L’Isis è tuttora presente in Siria; occupa la zona est di Deir Ezor, la zona nord-centrale di al Raqqah estendendosi sino alla provincia e campagna est di Aleppo. Il Pentagono ha dichiarato di aver speso dall’8 al 16 ottobre 424 milioni di dollari finalizzati alla missione contro l’Isis. Missione, però, irachena e curdo irachena/siriana. Per quanto riguarda il resto della Siria? Per quanto riguarda Raqqah, al Bab, la campagna di Aleppo e Deir Ezor l’Isis cessa di essere un nemico? Non è più una minaccia? La Turchia dimostra invece più coerenza, scegliendo da un lato di andare incontro ai Peshmerga curdi, dall’altro di continuare a sostenere l’opposizione democratica siriana. Giovedì 30 ottobre, infatti, ha permesso a 10 soldati Peshmerga di penetrare a Kobane attraverso il territorio turco. Nella notte di mercoledì i convogli di soldati Peshmerga avevano raggiunto la città turca di Suruc; un ufficiale curdo siriano ha dichiarato che sono attesi 150 soldati Peshmerga a Kobane, mentre martedì il Presidente del Kurdistan iracheno, Mosud Barzani, ha dichiarato che la regione è pronta a inviare più forze a Kobane se sono richieste.
Intanto il primo Ministro della Turchia, Ahmet Davutoglu, ha affermato che solamente i curdi iracheni e l’opposizione siriana democratica possono salvare Kobane. Affermazione quasi ironica se si prendesse isolata, dal momento in cui il Free Syrian Army versa in un abbandono mondiale e di aiuti e di attenzione mediatica.
Davutoglu ha poi smentito l’ironia aggiungendo che occorre equipaggiare e formare il Free Syrian Army cosicché, nel caso in cui l’Isis perda, il regime di Assad e i terroristi del Pkk non occuperebbero a loro volta il territorio. « Noi aiuteremo qualsiasi forza e/o coalizione, attraverso basi aeree (in Turchia) o attraverso altri mezzi per la concezione comune di una Siria democratica » ha dichiarato esortando poi gli Stati Uniti ad armare l’opposizione siriana moderata. Eppure, dopo tre anni di scontri tra il Fsa e il regime siriano e due tra il Fsa e gli estremisti dell’Isis, Washington non ha ancora chiaro chi rappresenti la democrazia in Siria. Idee limpide invece nel fatto di armare i curdi iracheni di al Abadi per cui il Pentagono ha dichiarato di spendere giornalmente 7,6 milioni di dollari. Non è finita qui, perché l’Iraq, nel conflitto contro l’Isis, non riceve solamente gli aiuti degli Usa; il primo Ministro iracheno Haidar al Abadi ha felicemente accolto il sostegno della Gran Bretagna e dell’Iran, Paese decisamente poco amico dell’America, contro il nemico comune dell’Isis.
Il Fsa rimane, al solito, a mani vuote. Anzi, chi poco ha più dà:
giovedì 150 combattenti del Fsa sono accorsi a Kobane passando per la Turchia. Dimostrazione che quando la causa della libertà e della democrazia è vera non esistono confini di etnie tantomeno discriminazione negli aiuti.