Periodicamente ricompare all’orizzonte il tentativo di riproporre esperienze politiche del passato. Normalmente, e per motivazioni politiche del tutto comprensibili, aleggia sempre la perenne formazione di una “nuova Dc”. E questo capita sia a livello locale e sia a livello nazionale.
Ora, è quasi scientificamente impossibile riproporre esperienze politiche e partitiche del passato. E questo per svariati motivi: storici, politici e culturali. Ma sarebbe anche politicamente miope pensare che la storia politica nel nostro paese si ripete in egual misura e con gli stessi strumenti. La Dc è stato un grande partito popolare, interclassista e di massa che va collocato in quella fase storica. In quelle alleanze internazionali, in quel sistema elettorale e nel rapporto concreto con quei partiti. Tra cui, sarebbe ridicolo negarlo, con quell’altro grande partito popolare e di massa che era il Pci. E chi, periodicamente, confonde un trasparente e vivace dibattito politico con la volontà permanente di dar vita ad un partito, o vive di nostalgia oppure confonde il desiderio con la realtà. E questo per un semplice motivo: con l’avvento del Pd – e, soprattutto, dopo la segreteria Renzi – è cambiata in profondità la geografia politica del nostro paese. Al punto che un intelligente politologo, Ilvo Diamanti, ha parlato a più riprese di un nuovo “partito della nazione”. Certo, possono esserci alcune somiglianze con un recente passato ma le cosiddette condizioni politiche sono saltate tutte: dal profilo politico del partito alla sua cultura politica, dalla natura della classe dirigente al quadro politico complessivo. Semmai, l’unico dato che si può prendere in considerazione è la garanzia che in un grande partito com’è il Pd permanga un forte pluralismo culturale interno. Come nella Dc esisteva un “centro”, una “destra” e una “sinistra”, così potrà essere per un partito che aspira ad essere per i prossimi anni una sorta di “partito della nazione” fortemente rappresentativo e largamente composito della società italiana. L’unico elemento che può avere un punto comune con il passato è questo ma il contorno politico rispetto alla prima repubblica è radicalmente cambiato.
Ecco perché la dialettica politica e culturale che si sviluppa in questi ultimi tempi attorno al Pd non mira affatto a mettere in crisi quel soggetto politico ma, al contrario, punta direttamente a renderlo ancora più forte e rappresentativo. Perché l’unico dato che qualifica e nobilita un partito è la salvaguardia e la valorizzazione del pluralismo interno. E questo sia per la ricchezza di idee e di valori che contribuiscono a definire il suo progetto politico e sia, soprattutto, per conservare quel carattere democratico e partecipativo del partito che in questi ultimi tempi nel nostro paese si è pericolosamente immiserito. E il Pd, oggi, ha tutte le caratteristiche per conservare quella ricchezza e quella specificità.