19.6 C
Torino
sabato, 27 Luglio 2024

Pd, adesso si apre il secondo tempo

Più letti

Nuova Società - sponsor
Redazione
Redazione
Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

L’ultima Direzione Nazionale del Pd ha avuto un’importanza superiore alle aspettative. Convocata per discutere, stancamente, sul modello organizzativo e politico del partito, si è trasformata in una ghiotta occasione per capire il reale obiettivo politico di Matteo Renzi sul come vuole “cambiare” e “trasformare” definitivamente il Pd. Per dirla in termini semplici e chiari, da “partito di sinistra o di centro sinistra” a “partito della nazione, o del Paese”. Insomma, una trasformazione profonda di un partito che era nato come alternativo alla destra, o al centro destra, ed era vissuto, per alcuni anni, come il semplice prolungamento della storia, seppur aggiornata, della sinistra italiana. E, inoltre, un partito che era nient’altro che l’unità di alcuni riformismi; quello della sinistra democratica e riformista, quello cattolico democratico, quello ambientalista e quello liberal democratico.
Quello tratteggiato, invece, da Renzi con la consueta chiarezza e con il consueto coraggio, è un partito diverso, molto diverso. Sull’onda di una legge elettorale che forse sarà non bipolare ma bipartitica, si pensa ad un “partito della nazione” che acchiappa tutto, dove può convergere chiunque, aperto a tutte le istanze, di qualunque genere siano. Destra, sinistra, centro, laici, cattolici, poveri, ricchi, borghesi, proletari, operai, imprenditori e chi più ne ha più ne metta. Appunto,l un partito “del paese” dove le sfumature politiche e culturali sono quasi impercettibili e addirittura non richieste. Un partito che chiude definitivamente la stagione della sinistra, o del centro sinistra contrapposto al centro destra o alla destra. Un partito che si piazza al centro dello schieramento politico ma che resta aperto a qualsiasi contributo e a qualsiasi apporto elettorale. E’ persino banale ricordare che un partito del genere non ha una forte e precisa caratterizzazione identitaria, politica o, peggio ancora, ideologica. È un partito profondamente ed irreversibilmente post ideologico. Un partito, quindi, che chiude anche definitivamente la stagione della seconda repubblica dove è prevalsa la storica dicotomia tra berlusconiani e antiberlusconiani. Una stagione dove si poteva parlare tranquillamente di alternatività politica e programmatica tra centro destra e centro sinistra. Il “cambiamento” profondo introdotto da Renzi, forte del 40 per cento dei consensi ottenuto alle recenti elezioni europee, archivia definitivamente quella pagina e ne apre una del tutto nuova ed inedita.
Certo, immancabilmente i commentatori hanno ripreso a parlare di una oggettiva “somiglianza” con la Dc, ovviamente aggiornata ai tempi contemporanei. E cioè, un partito a “vocazione maggioritaria”, spiccatamente interclassista e rappresentativo delle più svariate istanze sociali e politiche che attraversano il paese. Ora, al di là della sostanziale impossibilità di tracciare una “somiglianza” tra l’architrave della prima repubblica, cioè la Dc, e forse il “partito pigliatutto” della ormai prossima terza repubblica, cioè il Pd, ci sono 2 elementi di fondo che ne evidenziano la profonda diversità. Al netto delle diverse condizioni storiche, politiche e culturali in cui sono chiamati ad operare.
E le 2 condizioni sono semplici ma, al contempo, denotano, la profonda diversità di questi 2 soggetti politici. La Dc era un partito con una chiara connotazione politica e culturale e si reggeva attorno ad una rappresentanza politica, culturale e sociale che si articolava e si poggiava sulle note e collaudate “correnti”. Era, cioè, una sorta di “confederazione” di correnti. In secondo luogo, era un partito dominato e caratterizzato da una profonda democrazia interna. Una democrazia che faceva precedere ogni scelta politica da una forte e anche violenta discussione ma che poi si rispecchiava in una altrettanto forte e convinta unità politica all’esterno.
Due condizioni sostanzialmente assenti nel Pd. E questo sia per il profilo di un partito che punta ad essere “pigliatutto”, o partito “della nazione” o del paese” e quindi politicamente non caratterizzato. E sia perché è un partito che si regge esclusivamente sul “valore aggiunto” e sull’impatto determinante e quasi esclusivo della sua leadership. Cioè, un partito a forte trazione “carismatica”.
Ecco perché l’intervento di Renzi alla Direzione nazionale del partito, del resto già annunciato in altre occasioni, ha assunto una importanza decisiva in vista del futuro e della prospettiva politica del Partito democratico.
Una proposta, questa, con cui adesso occorre fare i conti. Piaccia o non piaccia. Sapendo, comunque vada a finire, che si è chiusa, forse definitivamente, il primo tempo della stagione del Pd. Quella, cioè, che ha caratterizzato il partito dal 2007 sino ad oggi. Adesso è il momento del varo del “partito della nazione”, o “del paese” che sia. Cioè un’altra pagina e un’altra storia.
 

- Advertisement -Nuova Società - sponsor

Articoli correlati

Nuova Società - sponsor

Primo Piano