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lunedì, 2 Dicembre 2024

Partecipazione e politica, discuterne è importante.

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Giorgio Merlo

Il dibattito attorno al recente referendum sulle trivelle – prima e dopo la sua celebrazione -, come ormai tutti sappiamo, e’ ruotato esclusivamente sul raggiungimento del fatidico quorum. Cioè, in sostanza, attorno alla partecipazione, all’astensionismo e alla disaffezione nei confronti del voto.

 Non voglio riepilogare i termini del confronto perché ormai sono noti a tutti. C’e’, pero’, un punto attorno al quale vale la pena soffermarsi senza ripetere le litanie che abbiamo ascoltato in queste ultime settimane. E la domanda da farsi, credo, e’ molto semplice: propagandare l’astensione dal voto, in un clima di perdurante e massiccia antipolitica, accresce la nostra democrazia e può contribuire a ridare credibilità e fiducia alle nostre istituzioni?

Perché, alla fine, il punto e’ questo. Nessuno, come ovvio, mette in discussione la possibilità e l’opportunità di predicare l’astensionismo elettorale. Soprattutto quando si e’ chiamati a votare per un referendum dove e’ previsto il quorum per poter essere valido. Ma alimentare, seppur per nobili motivi politici e convenienze contingenti, l’astensione dal voto rischia oggettivamente di ridurre la partecipazione politica ed elettorale ad un fatto saltuario e del tutto opinabile. Ecco perché, almeno a mio parere, ritengo utile riproporre 3 elementi che considero decisivi per ridare qualità alla nostra democrazia e rilanciare la credibilità delle nostre istituzioni.

 Innanzitutto la partecipazione elettorale non può mai essere messa in discussione o, peggio ancora, derisa e ridicolizzata dopo la consultazione. Sia essa referendaria o politica. E questo per il semplice motivo che partecipare alle elezioni significa anche riconoscersi nella cittadella democratica e nel perimetro delle nostre istituzioni. Astenendosi, alla fine, si rinnega a priori il tessuto democratico e istituzionale che ti circonda. 

In secondo luogo credere e costruire la partecipazione significa anche innescare e favorire l’impegno pubblico. Sia esso politico, sociale, culturale o religioso. Mai come oggi i partiti vivono una stagione di caduta della partecipazione e di screditamento del loro ruolo. Una sorta di quasi cronica delegittimazione. Una ragione in più, quindi, per rilanciare l’importanza della partecipazione e la credibilità degli strumenti che teoricamente ne sono l’architrave. Cioè i partiti. In ultimo, un paese dalle fragili fondamenta democratiche non può tollerare a lungo un clima di strisciante antipolitica. Astensionismo elettorale, disaffezione verso la partecipazione, attacco ai partiti, rifiuto della militanza e contestazione strisciante delle varie istituzioni alla fine mina alla radice la democrazia e la indebolisce. Con quale alternativa?

E’ abbastanza semplice la risposta. Con la riduzione degli spazi democratici e la concentrazione del potere nelle mani di poche persone. Dunque, approfondire il tema dell’astensionismo elettorale non significa perdere tempo sulla contingenza politica o limitarsi a commentare i comportamenti e le decisioni di singoli politici. Parlare di questi temi significa discutere sul futuro della nostra democrazia, sulla credibilità delle nostre istituzioni e sulla importanza della nostra politica.

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