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sabato, 27 Luglio 2024

Omicidio Loris, le fascette della madre compatibili con quelle che lo hanno strangolato. L'auto non è mai arrivata a scuola

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Sono troppe le incongruenze nel racconto della mamma di Loris Stival, il bambino di 8 anni di Santa Croce Camerina, nel ragusano, assassinato il 29 novembre scorso.
Secondo i risultati dell’autopsia, Loris è stato strangolato con una fascetta da elettricista, proprio come quelle che Veronica Panarello, avrebbe consegnato alle maestre del figlio che sono andate a farle le condoglianze lunedì scorso.
La donna, avrebbe insistito affinché le insegnanti le riprendessero, per usarle in classe duranti i lavori di scienze. Spiazzate, in un primo momento non hanno avuto il coraggio di dirle che nessuno di loro aveva mai chiesto ai genitori di comprare fascette di quel tipo.
Solo dopo che sono stati resi pubblici i risultati dell’esame autoptico e solo dopo che quei semplici pezzi di plastica con cui solitamente si legano i cavi sono diventati per gli inquirenti l‘arma dell’omicidio, le maestre hanno consegnato alla scientifica la confezione, aperta, che la Panarello aveva “restituito”.
Se l’ipotesi è quella giusta allora anche i graffi sul collo del piccolo Loris avrebbero un macabro senso: provocati da un oggetto usato per tagliare la fascetta dopo l’omicidio. Anche per questo motivo durante la perquisizione in casa Stival gli investigatori hanno sequestrato delle forbicine.
Ma torniamo al giorno dell’incontro tra Veronica e le maestre. La giovane mamma ad un certo punto, secondo il racconto di una delle insegnanti, Teresa Iacona, avrebbe detto al marito riferendosi alle fascette «valle a prendere». Un’azione, come detto, che ha sorpreso non poco: «Anche perché a scuola stiamo attenti al materiale da utilizzare, E quelle fascette non certo cose faremmo maneggiare ai bambini», aggiunge Teresa Iacona.
Quello che è certo è che quel tipo di fascette, per il materiale e per la forma, sarebbero compatibili con le ferite sul collo di Loris.
Un’altra incongruenza riguarda il racconto di Veronica Panarello sulla mattina in cui Loris è stato ucciso.
Lei infatti, ha sostenuto inizialmente di averlo lasciato a cinquecento metri da scuola e poi, in una seconda deposizione, afferma di averlo lasciato a pochi metri dall’entrata dell’edificio. Entrambe le versioni però, non vengono confermate dalle telecamere del paese, che riprendono la Wolksvagen nera della donna ma senza il piccolo Loris a bordo. Anzi, in un video, si vedrebbe proprio la mamma tenerlo per mano mentre lui cerca di divincolarsi. Sembra quasi che i due litighino, poi, secondo i fotogrammi si separano: lei parte a bordo dell’auto e Loris resta a piedi.
La vettura non appare inoltre in nessuno video del tragitto casa-scuola-ludoteca, dove la donna lascia il figlio più piccolo di 4 anni.
Dalle registrazioni nelle mani degli investigatori, emergerebbe inoltre che Veronica esce di casa attorno alle 9.15-9.20 per raggiungere il castello di Donnafugata e partecipare ad corso di cucina e dimostrazione del Bimby.
Un tragitto che normalmente viene fatto in venti minuti. Altra discrepanza dunque, perché Veronica che sarebbe dovuta arrivare alle 9.40, arriva invece alle 9,55 giustificandosi con i presenti «scusate il ritardo ma ho avuto dei problemi».
Ecco. Anche su questa frase gli inquirenti hanno delle perplessità: perché la donna ha voluto giustificarsi di quei 15 minuti di ritardo? Un buco di tempo che è al vaglio di chi indaga sull’omicidio del piccolo Loris al punto che il gps della Wolksvagen è stato preso in consegna. Una sorta di scatola nera che potrebbe raccontare molto di quanto accaduto quel maledetto 29 novembre.

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