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mercoledì, 23 Ottobre 2024

Mattarella, il presidente "rottamatore"

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Il vestito indossato dal ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, per il giuramento del presidente della Repubblica ha fatto discutere la rete a colpi di tweet. Sono piovute critiche e ironie, che però di politico hanno avuto ben poco. Stanno facendo sicuramente più discutere le parole pronunciate, con addosso sempre lo stesso nerissimo indumento, al talk show “Di martedì” di Giovanni Floris, andato in onda ieri sera su La7: «Mattarella è un rottamatore».
La Boschi ha arruolato anche il nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel “partito della rottamazione”, o “partito della nazione” che dir si voglia: «Mattarella ha saputo rompere col passato al contrario di altri della sua generazione, è un rottamatore». Indubbiamente l’uscita del ministro non è stata delle più felici, quantomai alla luce del fatto che Mattarella, nel suo discorso di insediamento in Parlamento, si è definito un “arbitro” e non un “giocatore”, quindi come un attore sopra le parti, fedele solamente alla Costituzione della Repubblica italiana.
Mattarella non può essere un rottamatore, non solamente per limiti di età. Anche non esprimendo giudizi di merito, su una personalità che tutto il mondo politico ha definito come “perbene”, la sua storia parla chiaro, non lasciando adito al dubbio sulla sua provenienza e sulla sua radice politica. Se di epoche repubblicane si può parlare, nella confusione “etichettatrice” italiana, Mattarella è certamente un uomo della Prima Repubblica, un figlio di una stagione politica che, dopo Tangentopoli, sembrava esser diventata un reperto storico. L’avvocato divenuto il dodicesimo capo di Stato è stato in Parlamento dal 1983 al 2008, per la Democrazia Cristiana, poi per il Partito Popolare, per la Margherita ed infine per il Partito Democratico. È stato ministro dei Rapporti con il Parlamento (1987-1989), della Pubblica istruzione (1989-1990), vicepresidente del Consiglio (1998-1999) e ministro della Difesa (1999-2001). Dopodiché, dal 2011 al 2015, è stato giudice della Corte costituzionale.
È vero che da quando Matteo Renzi è salito al potere, da quando ha scalato le gerarchie del partito e si è insediato a Palazzo Chigi, la promozione a grado di “rottamatore” è stata distribuita a destra ed a manca, ma a tutto c’è comunque un fisiologico limite. Anche perché, proprio nel momento in cui le “stellette da rottamatore” si stanno scucendo dalle giacche di molti rappresentanti democratici, non sembra così azzeccata la scelta di trascinare anche il presidente della Repubblica nell’arena della partitocrazia.

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