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sabato, 27 Luglio 2024

La legge sulle unioni Civili è una proposta del Partito Democratico

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di Mario Sechi

È curioso come viene raccontato, con eccessiva superficialità e approssimazione, il dibattito interno al Partito Democratico sul tema delle unioni civili. A dar retta a tale racconto, si potrebbe essere indotti a ritenere che il Pd sia spaccato nel confronto fra chi vuole la legge sulle unioni civili e chi la osteggia e quindi impossibilitato ed incapace di esprimere con la necessaria chiarezza e determinazione una posizione. È utile ed opportuno chiarire che non è così.
La proposta di legge che fra pochi giorni arriverà in Senato è una proposta del Partito Democratico, costruita dal Partito Democratico e presentata da una sua senatrice: Monica Cirinnà. A favore della sua approvazione si è già espresso senza equivoci il segretario nazionale ed hanno dato chiare indicazioni di voti sia il capogruppo alla camera che quello al Senato. Non solo, quella legge, così come la volontà di dare pieno riconoscimento ai diritti di cittadinanza delle persone omosessuali, sono patrimonio acquisito ed indiscutibile del popolo democratico. Le straordinarie manifestazioni che sabato scorso hanno riempito le piazze italiane hanno visto la partecipazione massiccia dei militanti democratici e l’adesione ufficiale delle organizzazioni locali del PD.
Non c’è dubbio quindi su quale sia la posizione e l’orientamento del Partito Democratico così come non c’è alcun dubbio che senza l’impegno dei deputati e dei senatori del PD quella legge non potrebbe mai essere approvata.
Certo, nel Pd esiste una posizione minoritaria che, e certo non da oggi, si oppone al riconoscimento dei diritti civili e di cittadinanza delle coppie omosessuali. E’ minoritaria, nei numeri, ma lo è anche, e non era così in passato, nella capacità di condizionamento politico sulle scelte del partito. Quella posizione minoritaria è riuscita ad esercitare per anni, nel PD, ma anche sui partiti che lo hanno preceduto, una potente e imbattibile capacità di interdizione e di veto, impedendo ad ogni tentativo legislativo di giungere in porto. Fino ad oggi, perché il disegno di legge presentato dalla senatrice Cirinnà, arrivando alla discussione d’aula, si avvicina ad un traguardo mai sfiorato prima e ha la concreta e reale possibilità, da qui a poco più di un mese, di superarlo quel traguardo, diventando legge. Per chi, come molti di noi, conserva ancora il ricordo amaro dell’assemblea nazionale del luglio 2011, il muro invalicabile alzato dall’allora presidente del Partito Bindi anche alla sola apertura di una discussione sul riconoscimento delle coppie gay, ciò che stiamo vivendo in questi giorni è davvero straordinario. Oggi il presidente del Pd è in prima fila per sostenere l’approvazione della legge sulle unioni civili e sabato, in piazza a Roma, manifestava con Svegliati Italia; oggi il segretario nazionale del Pd non chiede più di ritirare le proposte di riconoscimento delle coppie gay perché laceranti per il partito, oggi il segretario nazionale dice che è finito il tempo dei rinvii e dell’ostruzionismo, che è tempo di dare al paese quella legge di cui solo quattro anni fa ci veniva persino impedito di parlare.
E’ questo il quadro nel quale va compresa la scelta di riconoscere, sul voto di questa legge, l’esercizio della libertà di coscienza. Non è, come qualche sinistra mosca cocchiera vorrebbe far credere, un abdicare al dovere di prendere come partito una posizione; quella posizione è presa ed è inequivocabile. E’ invece un chiaro e definitivo messaggio a chi pensa di usare sempre un nuovo argomento di divisione, dalle presunte incostituzionalità, alle pretestuose strumentalizzazioni fuori tema su adozioni e maternità surrogate, per rallentare ancora una volta il percorso della legge. Se ci sono aspetti della proposta di legge che è possibile migliorare, bene, ma nessuno dei punti sostanziali di quella proposta può essere rimesso in discussione, non c’è più né spazio né tempo per alzare ancora una volta l’asticella delle mediazioni.
Quel tempo è esaurito, ora si vota e, come ha detto con gran chiarezza il Segretario nell’ultima direzione, ogni parlamentare voterà secondo coscienza, assumendosene le responsabilità, esattamente come si è fatto con le riforme costituzionali. Sono state queste le parole del Segretario ed il fatto che sia proprio lui, Matteo Renzi, a segnalare analogia e correlazione fra il voto, di coscienza, sulle unioni civili e quella sulla riforma costituzionale dovrebbe suggerire a qualcuno, nel PD, un supplemento di riflessione.

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