Il noto semiologo Noam Chomsky, tra i più noti intellettuali americani viventi (85 anni), ospite del Festival della Scienza in corso a Roma, ha denunciato la guerra mondiale in corso tra i ricchi e potenti contro i poveri ed emarginati. Tesi per altro ben documentata in un recente libro di Luciano Gallino sul tema la vera lotta di classe.
Chomsky cita un recente rapporto di Oxfam, Oxford Committee for Femine Relief che si occupa di sconfiggere la povertà e le ingiustizie nel mondo, secondo cui 85 persone (esseri umani) ricche guadagnano ogni anno quanto tre miliardi e mezzo di individui (esseri umani), mentre il70% della popolazione americana non ha possibilità di intervenire su come vengano prese le decisioni politiche, semplicemente perché sono povere.
Ma chi sono i padroni dell’umanità? Ci ricorda Chomsky che sono finanzieri, banchieri, capitani di industria, burocrati, che decidono le sorti dei singoli paesi nel chiuso delle loro stanze senza confronto con l’opinione pubblica, aiutati da intellettuali organici e subalterni.
Ma cosa si può fare – viene chiesto al celebre linguista – di fronte a ciò che sta accadendo? Ecco la risposta: «Bisogna sovvertire il sistema di potere attuale e attribuire di nuovo alla collettività e all’opinione pubblica la capacità di incidere su come verranno prese le decisioni».
Chomsky, da vero dissidente, non smette però di avere fiducia nell’umanità e nella forza degli intellettuali e della democrazia. Fiducia, sì fiducia negli uomini, e soprattutto nell’intelligenza della cultura.
Non si cambia nulla cavalcando la sfiducia e la disperazione, l’ignoranza e l’egoismo personale, la xenofobia, il razzismo, la volgarità, il turpiloquio, predicando il populismo.
Rivoluzione significa cambiamento lavorando per accrescere gli spazi della democrazie e della partecipazione, contrastando la violenza dei ricchi come quella degli sciocchi che giocano con le “molotov” ritenendo di essere dei veri rivoluzionari mentre sono invece dei poveretti isolati e frustrati come la storia insegna.
In pari tempo vanno chiamati in causa quei dirigenti di partiti che si ritengono depositari della virtù della nuova politica, mostrando facce sorridenti, spiritose, “moderne”, mentre rischiano di essere le nuove fotocopie delle vecchie fattucchiere circolate nei palazzi del potere in Italia in questi ultimi trent’anni, che nessun maquillage può nascondere.
L’unico accordo vero da rivendicare e possibilmente attuare attraverso la lotta delle masse è quello sull’attuazione della nostra Costituzione nella quale è tutto previsto a partire dal fondamentale principio dell’uguaglianza.
È piuttosto singolare che l’uomo (diciamo il giovanotto scelto a furor di popolo come leader del Pd) acerrimo nemico dei “caminetti” oggi ci dica: «Prendere o lasciare quello deciso tra me e Berlusconi» in una stanza del Nazareno.
È vero che si tratta di una legge elettorale per cancellare la vergogna del Porcellum, ma da quella che si sceglie dipende la formazione del Parlamento, delle sue funzioni, del modo come vengono scelti gli eletti, dal ruolo che si intende attribuire al governo, dal coinvolgimento del «popolo sovrano».
Non sono dettagli come qualcuno sbrigativamente vorrebbe far credere.
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