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sabato, 27 Luglio 2024

La fase 2 scontenta il commercio. Coppa (Ascom): “Scelte che costringeranno molti al fallimento”

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

Non si fanno aspettare le reazioni del mondo del commercio al piano per la fase 2 presentato ieri sera dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Un piano fatto di ripartenze a tappe, per cui i negozi di vendita al dettaglio potranno riaprire solo il 18 maggio, mentre bar, ristoranti, parrucchieri e saloni di bellezza solo il 1 giugno.

Una notizia che ha lasciato la presidente di Ascom Torino e Confcommercio Piemonte Maria Luisa Coppa “raggelata”, come spiega lei stessa in una diretta Facebook. “Incredulità, sconcerto ed amarezza. Queste a caldo le mie prime sensazioni. Mentre tutti gli imprenditori si aspettavano di poter finalmente aprire il 4 maggio, abbiamo appreso dal Governo, senza alcuna giustificazione che la riapertura per noi sarà spostata al 18, che i pubblici esercizi non riapriranno prima del 1 giugno” commenta Coppa.

“ Si chiede al commercio un sacrifico troppo pesante senza misure compensative e con un annuncio senza commenti” prosegue la presidente delle associazioni di categoria chiedendo “Nella task force c’è qualcuno che sa cosa significhi avere un negozio? Le nostre imprese non possono reggere ancora settimane di chiusura”.

“Nulla si dice in merito al turismo – osserva poi Coppa – che patirà i danni più gravi di questa emergenza ed anche il commercio ambulante rimane sospeso alle decisioni delle singole amministrazioni locali. I commercianti e i loro collaboratori con le famiglie non possono condividere. Non siamo d’accordo nel modo e nel merito. Davvero aprire un negozio o un bar, dove entrerebbero una o due persona alla volta con guanti e mascherina, viene considerato più pericoloso che aprire una fabbrica con centinaia di lavoratori? Con queste scelte si condannano le imprese del commercio e della ristorazione al fallimento”.

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