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domenica, 8 Settembre 2024

Il magistero dall’alto dei cieli

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Vittorino Merinas
Non solo alla chiesetta di Santa Marta si deve tendere l’orecchio per seguire, tassello dopo tassello, lo svilupparsi del magistero di Francesco. Anche dall’aereo dei viaggi pastorali egli paracaduta qualche chicca del suo pensiero. Non gragnole di alte disquisizioni teologiche né rigorosi principi di moralità in cui costringere l’umana esistenza, ma, in un linguaggio piano intriso di quotidianità, considerazioni vive ed immediate offerte non solo ai “fedeli”, ma a chiunque voglia con esse confrontarsi.
Nessuna preoccupazione di infallibilità che priva i papi della comune libertà di esprimere se stessi, imprigionandoli in testi elaborati con rigore dalle Congregazioni vaticane, dei quali al papa non toccherà che la lettura.
Si tratta di scambi di impressioni e riflessioni tra papa e giornalisti compagni di viaggio che si sviluppano in un’atmosfera amicale e sciolta che la genuinità di Francesco naturalmente crea. Lì, partendo dal suo realismo pastorale senza ricantare catechetiche filastrocche, esprime all’impronto con espressioni dall’immediata eloquenza perché grondanti di quotidiana esperienza, il suo pensiero e le sue prospettive di una chiesa attenta più alla vita che ai concetti. Un cambiamento sostanziale di metodo e di orizzonti che, come i fatti mostrano, richiama, coinvolge e interpella le persone, pur se un’onda contraria si sta sviluppando ad opera di clero e laici che giudicano questa novità deleteria alla dignità e affidabilità del magistero papale.
Di questo magistero dall’alto dei cieli è esemplare il recente viaggio di Francesco alle Filippine.
L’andata sarà ricordata per il suo uppercut a difesa della madre. “E’ vero che non si può reagire con la violenza. Ma se il dottor Gasbarri -il responsabile dei suoi viaggi- dice una parolaccia contro mia mamma si aspetti un pugno. E’ normale! E’ normale!”. Una sortita estemporanea che ha colto di sorpresa i presenti dimentichi della qualità nuova di quell’uomo vestito di bianco, determinando un generale sfrigolio della stampa. Come? Un papa? La violenza? L’altra guancia? Eppure aveva premesso che “Non si può reagire con violenza” ed era chiaro il suo riferimento a quanto accaduto in quei giorni nella redazione del Charlie Hebdo.
L’intenzione era di avvertire come, per le più disparate ragioni, la violenza prevarichi anche sui più sacrosanti principi, soprattutto quando si toccano temi sensibili. I diritti, come tutti i principi, brillano certo come stelle polari della vita, ma segregati in un mondo ideale, statici nella loro assolutezza. Calati in un mondo cangiante e relativo permangono orientativi, ma orfani della loro assolutezza.
Debbono fare i conti col “qui ed ora”, come tutto ciò che è ‘mondano’. Altrimenti un pugno, per le più svariate ed anche ingiustificate motivazioni, può scattare. Questo voleva dire con sano realismo e buon senso Francesco, ben lungi dal giustificare la pur minima violenza come dall’invitare a porgere sempre l’altra guancia.
Il papa non s’accontenta, però, del pugno come metafora della violenza che anche un diritto in sé indiscutibile, ma esercitato alla cieca può scatenare. Vi aggiunge il calcio. Racconta che a due lestofanti che, allora vescovo ausiliare, gli proponevano un affare losco per ottenere una grossa somma a favore delle sue opere caritative, si trovò incerto tra il dar “loro un calcio dove non dà il sole” o qualche altro modo per toglierseli di torno. Non cederà alla tentazione, ma sperimenterà che il pensiero d’un kickboxing può, in certo occasioni, attraversare anche una mente affatto violenta.
Con ogni evidenza, pugni e calci non sono evocati e suggeriti come modo per rapportarsi col prossimo, ma descrivono con immediatezza e realismo, fatti e stati d’animo che possono concretizzarsi. Un linguaggio fiorito che non svilisce chi lo usa anche se papa e fa memorizzare l’avvertimento, secondo il detto latino Castigat ridendo mores: ridendo corregge i costumi.
Ma non è finita. D’una terza immagine, frequente nel linguaggio corrente, si appropria ancora Francesco durante lo stesso viaggio. Al giornalista che, avendo rilevato l’enorme crescita della popolazione filippina, ripropone il problema della contraccezione, risponde: “Alcuni credono che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli. No! Paternità responsabile!” Una metafora che rafforza una dichiarazione già in sé sorprendente per chi è avvezzo al dilemma cattolico della filiazione o castità.
Poco prima Francesco aveva menzionato d’aver rimproverato una donna incinta per l’ottava volta dopo sette parti cesarei: “Ma lei vuol lasciare sette orfani?” Ma l’invito alla paternità responsabile non sarebbe tempo di renderlo possibile anche al credente più succube rivedendo in modo realistico e serio l’insostenibile dottrina ecclesiastica sui metodi contraccettivi?


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