Palazzo Lascaris si trasforma nel 27 gennaio, in luogo della Memoria aperto alle scuole e ai giovanissimi che avranno il compito di studiare, leggere, documentarsi su cosa fu l’Olocausto e soprattutto incaricarsi di essere parte attiva di quella «Staffetta generazionale che oggi più che mai deve raccogliere il testimone da chi ancora in vita può condividere gli orrori dei campi di sterminio vissuti sulla propria pelle». Questo quanto ha sottolineato il presidente del Consiglio regionale del Piemonte Stefano Allasia, anche a capo del comitato della Resistenza e Costituzione, a margine degli incontri organizzati nella giornata della memoria contro il nazifascismo che hanno coinvolto, nella sola mattinata, più di un centinaio di bambini e ragazzi.
Per un’intera mattinata gli studenti di varie classi, dai più giovani ai giovanissimi, sono stati coinvolti in un percorso interattivo che, partendo proprio dal racconto di quanto avvenuto 75 anni fa, li ha avvicinati a quanto accade nel mondo ai giorni nostri per riflettere su cosa oggi voglia dire deportazione, prevaricazione, abuso, ingiustizia.
Toccanti le parole dell’avvocato Bruno Segre, testimone dell’epoca che a dispetto dei suoi centodue anni non perde ogni momento utile della propria vita per ammonire «A studiare la storia che insegna molte cose, educa, plasma le persone, le induce a ragionare. È sempre la ragione che deve prevalere e non la passione sfrenata per il potere che porta a guerre e tragedie». Quella dei giovani è stata una mattina di studio, colma di emozioni intense, che si sono avvicendate tra gli incontri con gli storici dell’Istoreto che hanno illustrato, con le immagini cartografiche sui conflitti nel mondo, il concetto di genocidio; con le foto scattate da Paolo Siccardi, fotoreporter che ha proposto un parallelo di immagini tra i lager nazisti e le nuove guerre, discriminazioni e violenze contemporanee e tra i disegni di Thomas Geve che raccontano i lager di Auschwitz e Buchenwald e quelli realizzati dai bambini di Sarajevo durante l’assedio nei primi anni ’90.
«È forte il nostro impegno affinchè non si dimentichi quanto è accaduto settantacinque anni fa ma non solo: i giovani devono acquisire tutte le informazioni necessarie dalle poche testimonianze dirette rimaste che, per ovvi motivi naturali, saranno sempre meno» ha aggiunto Allasia «Farne tesoro e condividerle, a casa coi genitori, con gli amici e coltivarle, con lo studio, affinchè siano essi stessi, coi figli che avranno, fonte di testimonianza e di informazione di quanto accaduto». Nessun revisionismo, nessuna rilettura.
Nell’aula del consiglio, poco dopo mezzogiorno, un incontro, moderato dal giornalista Stefano Tallia, ha accompagnato tra storie vissute e narrate di deportazione, di orrore ma anche di speranza e di rinascita. Si sono alternati il musicista Carsico, con canzoni ispirate al tema della Giornata della Memoria, e l’omaggio alla memoria della Shoah del pattinaggio artistico e della danza su ghiaccio, con Edoardo De Bernardis, allenatore e coreografo internazionale che ha presentato i filmati di alcune esibizioni. «Non tutti comprendono e consentono l’uso della musica, dell’arte, dello sport per comunicare il dramma dell’olocausto» dice De Bernardis «Ma anche questo è emozione, non meno intensa e diretta di altri modi tradizionalmente usati per comunicare la Shoah. Abbiamo scelto colonne sonore di film importanti, quali “Schindler’s list” e “La vita è bella”».
Anche la gestualità del campioni del pattinaggio artistico può arrivare al cuore, emozionando, e al cervello, obbligandolo a ragionare e a combattere ogni forma di odio, discriminazione, segregazione. Invitando all’approfondimento, e allo studio, uniche armi per combattere l’odio che fomenta paura, interrompendo il circolo vitale dell’intolleranza.
Se l’obiettivo non è più solo “non dimenticare ciò che è accaduto” ma anche “non metterlo in dubbio” a fronte di un presente liquido che chiede la prova di tutto, secondo il consigliere regionale del Partito Democratico Daniele Valle «La risposta è nella scuola, è da lì che dobbiamo ripartire per creare una consapevolezza, anche cruda, di quel che è capitato. Senza aver paura di esprimere chiaramente giudizi etici e politici, solo una compiuta conoscenza della nostra storia può lasciarci la speranza che quei fatti non si ripetano e che malvagità e stupidità non riprendano il sopravvento. Oggi più che mai abbiamo di fronte negazionismi o riduzionismi, persone convinte che i numeri dell’Olocausto e i fatti raccontati siano esagerati, fuori portata della realtà».