di Moreno D’Angelo
Ancora deve uscire e già suscita polemica e accesi confronti sul web il film “La verità sta in cielo”del regista Roberto Faenza prodotto con Rai Cinema.
E’ questo il titolo del primo film su Emanuela Orlandi in uscita il 6 ottobre nelle sale italiane. La ragazza quindicenne, figlia di un messo pontificio, scomparsa misteriosamente il 22 giugno 1983. Già verso il titolo, ripreso da un infelice risposta data da papa Francesco ai parenti della “ragazza con la fascetta”, si sono manifestate le prime perplessità: «La scelta del titolo, che riprende la frase “Emanuela sta in cielo”, detta da papa Francesco a Pietro Orlandi, senza spiegarla, crea un effetto molto deleterio in quanto indurrebbe lo spettatore a ritenere che la scomparsa di Emanuela sia irrisolvibile, insomma al di insomma al di fuori di umane e ben precise responsabilità» è la considerazione del giornalista Fabrizio Peronaci che ha dedicato anni allo studio e alla ricerca della verità su questo complesso caso, pubblicando due libri, da sempre vicino ai comitati di solidarietà formati da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela.
«La dimensione gravemente politica – aggiunge Peronaci – di chi ha depistato o taciuto dettagli utili a fare luce sul sequestro della ragazza, insomma, viene ignorata, e questo non va certo in direzione dell’accertamento dei fatti».
Insomma le prime notizie che emergono sull’approccio della pellicola non fanno ritenere che il lavoro, per quanto ben confezionato e affascinante, sia in grado di fare molta luce sul contesto infuocato di guerra fredda che caratterizzò quei turbolenti anni in cui il Vaticano fu protagonista di primo piano nello scontro tra est e ovest mentre si andavano formando le prime crepe nel blocco sovietico. Gli anni dello Ior di Marcinkus, di papa Wojtyla, della P2 e dei fondi al sindacato Solidarnosc.
Nel film sarebbero stati ignorati i palesi depistaggi e le stranezze che hanno caratterizzato tutta la vicenda nella quale sarebbe coinvolta anche un’altra ragazza misteriosamente sparita nel nulla: la quindicenne Mirella Gregori. Tutto parrebbe troppo incentrato sulla Banda della Magliana che, certamente, ha avuto un ruolo significativo nella vicenda ma questo in termini di manovalanza e non di regia politica. Un approccio che vedrebbe prevalere l’azione dei “duri” della mala romana su un’attenta analisi delle varie piste che conducono a tanti silenziosi palazzi del potere d’Oltretevere e non solo su un caso di rilievo internazionale. Non a caso emerge in primo piano la figura del noto attore Roberto Scamarcio che interpreta il ruolo di “Renatino” De Pedis il Capo della Banda della Magliana che fu sepolto nella basilica di Sant’Apollinaire. Certamente non è passata inosservata la presenza nel cast di Elettra Orlandi, una delle tre figlie del combattivo fratello di Emanuela.
Si è quindi perplessi sugli sviluppi della trama nel descrivere o porre interrogativi sulle diverse e complesse piste aperte in oltre trenta anni di indagini sulla intricata vicenda. Un caso su cui a livello di opinione pubblica e non solo regna la più assoluta ignoranza e confusione segno evidente dei risultati di anni di trame e depistaggi.
Nel film sarebbe stato anche incredibilmente ignorato o reso marginale il ruolo dell’enigmatico fotografo Marco Fassoni Accetti. Figura emblematica che si è autoaccusata del rapimento e per il quale la vicenda giudiziaria non è ancora conclusa. Ci sono poi ulteriori elementi, che emergono dalle anticipazioni fornite, che fanno pensare a una bella operazione in cui prevalgono, per quanto legittime. le mere logiche di botteghino. Insomma di concreto emergerebbe solo il richiamo al reiterato assoluto silenzio del Vaticano sul caso. Il film di fatto non riconosce la tesi emersa in diversi filoni d’inchiesta del complotto internazionale, che vedrebbe il pieno coinvolgimento di un Vaticano all’epoca ferocemente diviso tra chi sosteneva lo ostpolitik e chi la osteggiava senza esclusioni di colpi. Un Vaticano sempre refrattario a collaborare con la giustizia negando rogatorie e accesso alle comunicazioni avvenute sulla linea riservata per le comunicazioni con i rapitori.
In questo scontro secondo diversi esperti, si collocherebbero i rapimenti delle ragazze e altri inquietanti episodi. Indicativo in tal senso sono i controversi collegamenti emersi da una enigmatica figura come Ali Agca, il lupo grigio che attentò al papa il 13 maggio 1981.
Il film sulla povera Emanuela, che oggi avrebbe 48 anni, nonostante l’indubbio richiamo sul pubblico, non parrebbe quindi porsi in quel filone di film d’inchiesta con opere eccezionali come “Il muro di gomma” o il “Caso Mattei”. Pellicole che hanno saputo informare ed emozionare ricostruendo in modo nitido e documentato il contesto di quelli che, dopo decenni, restano ancora dei misteri come quello di Ustica e della morte del fondatore dell’Eni.
Insomma tutto lascia pensare che il film per quanto ben realizzato non aggiunga molto alla seria ricostruzione di un intricatissimo dramma umano i cui risvolti restano ancora poco chiari e lo resteranno fino a quando non si riuscirà a scavare più a fondo in certi cassetti che alcuni inquirenti avevano abilmente aperto. E’ troppo forte la tentazione e la volontà di molti a mettere una pietra sopra e restare sul piano del semplice ricatto per estorsione tanto “Emanuela ormai sta in cielo”.