Il giorno dopo la condanna a 140 anni di carcere per 47 No Tav tocca ad Erri De Luca salire sul banco degli imputati. Lo scrittore è accusato di istigazione a delinquere per alcune frasi raccolte durante un’intervista in cui esprimeva il suo sostegno della resistenza No Tav in Valsusa.
De Luca è arrivato nell’aula del Palagiustizia di Torino molto presto, ben prima dell’inizio dell’udienza, mentre fuori si stava radunando un gruppo di sostenitori che ha organizzato un presidio. «Sono venuto qui perchè voglio scoprire chi ho condizionato e a fare cosa con le mie parole. Non c’è una lotta più democratica di quella per la Tav e non è necessario commettere reati per sabotare l’opera» ha detto lo scrittore ai giornalisti presenti, alcuni dei quali anche stranieri visto la risonanza che ha avuto il caso fuori dall’Italia.
Mentre tra il pubblico c’è chi all’ingresso dei giudici c’è chi tira fuori un cartello “Je suis Erri” con un richiamo all’ormai celebre “Je suis Charlie” il motto utilizzato dopo l’attentato alla sede del settimanale francese a favore della libertà di espressione.
Intanto per quanto riguarda l’udienza il giudice ha respinto la richiesta dalla procura, rappresentata dal pubblico ministero Andrea Beconi, di ammettere tra le testimonianze quelal del presidente dell’Osservatorio Tav Mario Virano. Nelle prossima udienza invece saranno sentiti il presidente della Ltf, la società che gestisce il cantiere e il capo della Digos Petronzi.
All’uscita dal tribunale per De Luca un lungo applauso mentre lo scrittore ha commentato: «La Tav si sabota da sola perchè non hanno i soldi per farla».