L’annuncio è arrivato nella notte italiana, quando a Cuba gli orologi stavano per scoccare la mezzanotte. «Il comandante in capo della rivoluzione cubana è morto alle 22.29», è il messaggio con cui il fratello Raul in tv comunica la morte di Fidel Castro.
Nessuna bufala questa volta, come quelle che da mesi rimbalzavano su diversi siti internet dopo l’aggraverai delle sue condizioni di salute: il “lider maximo” è morto pochi mesi dopo aver compiuto 90 anni. Anche se dal 2008 aveva rinunciato alla presidenza e ceduto tutti i poteri proprio a Raul. L’ultima apparizione pubblica di Fidel è stata lo scorso agosto quando ha criticato il presidente statunitense Barack Obama per non aver mai chiesto scusa delle bombe atomiche sganciate in Giappone.
Salito al potere a Cuba nel 1959 quando l’8 gennaio insieme al fratello Raul e a Ernesto Che Guevara entrerà all’Avana cacciando la dittatura di Fulgencio Batista legato alla mafia italo-americana e Lucky Luciano dando di fatto inizio a quella rivoluzione che porterà Cuba, la più grande isola dei Caraibi, a diventare una roccaforte del socialismo a due passi dalla costa americana, che risponderà con pesanti embarghi, negli anni della Guerra Fredda e anche dopo la fine dell’URSS, grande alleato di Fidel.
Pochi leader come Castro ha saputo dividere in vita, così come dopo la morte, l’opinione pubblica. Simbolo di un’isola che riesce vivere quasi autarchicamente con un regime opposto a quello delle grandi potenze che la circondano o dittatore che avrebbe causato la povertà di moltissimi suoi connazionali.
Mentre gli esuli cubani in terra americana festeggiano per le strade la morte del “lider maximo” il mondo saluta una delle figure più significative del Novecento, interrogandosi sul futuro dell’isola di Cuba, soprattutto ora che dall’altra parte del mare c’è Trump.