di Mercedes Bresso
Torino ha tutte le carte in regola per organizzare una 30esima edizione del Salone Internazionale del Libro di altissimo livello, ma è necessario fare sistema e pensare a un evento nuovo che metta al centro il mondo dell’editoria a trecentosessanta gradi. Non un mercatone del libro, ma una fabbrica delle idee che accorci le distanze tra editoria e lettori.
Il Salone del Libro è una fondazione pubblica con un progetto che ha alle spalle una storia e un prestigio nel panorama culturale nazionale e internazionale che nessuno, nemmeno i grandi gruppi editoriali, può pensare di liquidare. Non può essere l’AIE, Associazione Italiana Editori, a dettare le regole a città e Governo. Bene ha fatto la delegazione piemontese a rispedire al mittente una proposta che avrebbe ridimensionato il ruolo della nostra regione.
L’associazione di categoria degli editori imporrebbe ai propri iscritti di partecipare solo alla manifestazione di Milano? Già in passato alcuni grandi editori decisero di non partecipare al Salone di Torino, ma poi cambiarono idea. L’AIE ha sempre voluto trasferire la manifestazione a Milano, ma sono gli editori a decidere individualmente a quali manifestazioni partecipare, soprattutto in base ai loro interessi che, tradotti in numeri, sono i 200.000 visitatori e le molte vendite che Torino garantisce.
Credo che sia necessario rinsaldare il legame con gli editori piccoli e medi che sono il sale della manifestazione e con gli autori, magari abbinando dei premi per diverse tipologie di libri. Il nodo della data deve essere sciolto in fretta e penso che forse sarebbe meglio pensare a un evento in programma in autunno quando la città e i dintorni sono splendidi e diventa possibile proporre un weekend culturale e turistico-gastronomico. Se qualche editore mancherà (ma credo pochi) ci saranno i librai a sostituirlo.
Rimango convinta che il dato che porterà la maggior parte degli editori a partecipare a entrambe le manifestazioni è uno solo: il 70% del pubblico a Torino è piemontese. Chiunque è libero di organizzare il proprio evento, anche Roma è stata libera di organizzare il proprio festival del cinema in concorrenza con quello della piccola Venezia, ma tra i due ha retto quello che aveva alle spalle una storia e un bagaglio culturale e internazionale.