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martedì, 22 Ottobre 2024

Caso Regeni: “Le mail anonime non hanno alcuna rilevanza giudiziaria”

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di Moreno D’Angelo

«Non ha rilevanza giudiziaria e non verrà presa in considerazione dagli inquirenti così come stabilisce la procedura penale italiana». È la risposta che arriva dagli ambienti giudiziari romani in merito alla fonte anonima egiziana che, con delle mail inviate al quotidiano La Repubblica, ha fornito elementi circostanziati sulla terribile fine di Giulio Regeni, il giovane ricercatore scomparso il 25 gennaio scorso, i cui poveri resti sono stati rinvenuti il 3 febbraio lungo la strada che collega il Cairo e Alessandria. I cenni nelle mail alle bastonature sui piedi e alle sigarette spente sul collo e le orecchie del ragazzo e altre torture potrebbero avere dei riscontri reali anche in conseguenza delle dichiarazioni della madre del ragazzo che ha visto il corpo. Parole che in un primo momento sono state aggettivate come provenienti da qualcuno molto informato sui fatti e in cui emerge una sorta di “guerra” tra polizie e servizi egiziani.
L’anonimo, che si definisce facente parte della polizia segreta egiziana, con i suoi messaggi scritti in arabo con parti in inglese e alcune parole in italiano, indica come responsabile dell’omicidio il generale il generale Khaled Shalabi. Il capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza. Dagli inquirenti vengono anche messi in discussione i dettagli riportati nelle comunicazioni anonime che hanno acceso ulteriormente la tensione Roma e Il Cairo. La non rilevanza delle mail ricevute dall’Egitto viene così giustificata dagli inquirenti: «contengono una molteplicità di imprecisioni nella ricostruzione dei fatti e soprattutto in riferimento agli esami autoptici». Le misteriose mail oltre a non avere rilievo per la giustizia italiana non hanno contribuito a rasserenare il clima quanto mai teso tra i due paesi dopo le ultime dichiarazione del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che ha ribadito l’esigenza di fare vera chiarezza sul caso minacciando contromisure immediate.

Intanto vi è una nuova presa di posizione che incolpa non meglio precisati servizi internazionali. Potrebbe essere l’ennesima perla nella collana di contraddittorie dichiarazioni provenienti dall’Egitto sul caso. Dopo le ipotesi di incidente stradale o omicidio in ambienti della prostituzione vi è una nuova tesi. È quella dell’ex viceministro dell’Interno, il generale Magdy Basyouni, secondo il quale a torturare a morte il ricercatore italiano sono stati i servizi di intelligence internazionali. Questo con l’intento di minare i rapporti tra Egitto e Italia. Per il generale non vi sono quindi responsabilità per la polizia egiziana che è innocente.
Una dichiarazione che non sembra illuminante e che potrebbe essere l’ennesimo elemento di confusione se non di depistaggio per svincolare le responsabilità egiziane. Tra l’altro il contesto dei servizi egiziani risulta quanto mai complesso per la compresenza di diversi soggetti che non sembra viaggino con gli stessi parametri e referenti.
Nel motivare la sua posizione Baysouni, intervistato dall’emittente Ghad, ha affermato che la polizia locale è innocente chiedendosi: «Che beneficio avrebbe tratto da questo crimine? Avrebbe torturato un giovane per poi gettare il suo corpo da un ponte in concomitanza della visita di una missione economica italiana in Egitto». Insomma una voce che intende allontanare le responsabilità da soggetti che per quanto ancora non ben definiti in ogni caso sembrano tutti essere espressione di poteri istituzionali. Una morte atroce che non può e non deve passare in silenzio come tanti misteri irrisolti della storia del nostro paese.

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