di Moreno D’Angelo
«Emanuela Orlandi è assolutamente viva. Non c’è nessun motivo per ucciderla. Probabilmente è in qualche convento…». Le dichiarazioni di Alì Agca non sono mai causali. Abbiamo cercato di capire quali logiche e quali verità si possano trarre dall’ultima esternazione dell’attentatore di Papa Giovanni Paolo II, secondo il quale “anche Papa Francesco non parla, perché suoi consiglieri gli dicono di non parlare”.
Un punto centrale è che Agca, negli anni Ottanta, era in qualche modo venuto a conoscenza di dettagli del terzo segreto di Fatima, molto prima della sua rivelazione, poi avvenuta nel 2000. Più che sul destino della povera Emanuela, l’ex “lupo grigio” sembra conoscere parecchie cose su vicende interne e controverse della vita vaticana. La sua ultima “sparata”, dopo un lungo silenzio, arriva alla vigilia della chiusura delle indagini della Procura di Roma sul caso di Emanuela Orlandi, la quindicenne figlia di un messo pontificio sparita nel 1983. Agca ripete che Emanuela è viva, per concentrare su di sé l’attenzione, e attacca il Vaticano come centro nevralgico della tragica vicenda. Il discorso resta sempre collegato al terzo segreto di Fatima, in relazione al quale il turco pare esercitare ancora oggi una sorta di potere di interdizione, come se fosse in grado di tenere qualcuno sotto ricatto.
A tale proposito, riferiamo due aspetti emblematici. Il primo deriva da una dichiarazione resa nel maggio del 2000 (nei giorni della rivelazione del Terzo segreto da parte di Wojtyla) da Severino Santiapichi, che era stato presidente della Corte d’Assise che condannò il terrorista turco. «Non capisco come Agca potesse aver assunto informazioni che collegavano il terzo segreto di Fatima all’attentato da lui compiuto – disse il magistrato – Escludo qualsiasi interferenza di Radio Carcere e anche che di questi argomenti possa aver parlato nel famoso colloquio segreto con il Pontefice» avvenuto a fine 1983.
L’auspicabile ipotesi che Emanuela Orlandi sia viva e forse rinchiusa in un Convento, tuttavia, non pare molto probabile. Agca ci ha abituato al suo mix di verità e deliri non causali. Tanto che per molti il suo gioco a fare a “il matto” sembra una sorta di sua assicurazione sulla sua vita.
Un secondo significativo aspetto che lega la vicenda dell’attentato al Papa al rapimento Orlandi riguarda il supertestimone Marco Fassoni Accetti. Secondo quanto riportato dal giornalista-scrittore Fabrizio Peronaci nel recente libro “Il Ganglio” fu Accetti, che si è autoaccusato di aver partecipato in prima persona al sequestro Orlandi come elemento operativo di una fazione di ecclesiastici favorevoli al dialogo con l’Est, a telefonare alla pensione “Isa” di Prati, a Roma, per prenotare una stanza a nome del lupo grigio. La circostanza coincide con la testimonianza del proprietario dell’hotel, che affermò con certezza di aver raccolto la prenotazione per Agca, sotto falso nome, da una persona che parlava correttamente italiano.