C’era da aspettarselo. Il “suicidio” di Brittany che ha scelto una fine dignitosa per gabbare il tumore al cervello che l’avrebbe comunque uccisa nel giro di un mese e con atroci dolori, ha scatenato la reazione del Vaticano. Monsignor De Paula, in quanto presidente della Fondazione Per la Vita, ha criticato pesantemente “posto morte” la giovane americana per la sua scelta la quale viene giudicata proprio “in antitesi alla dignità”.
Personalmente, mi ero permesso di mettere in discussione non il gesto di fine partita consapevole e voluta, ma la forma di un procedimento il quale, a mio avviso, non avrebbe dovuto trascinarsi dietro un movimento e un fragore mediatico così prepotente. Ma questa è L’America, bambina. Come si dice. Trovo, questa volta sì, poco dignitoso il commento-denuncia del Vaticano che si permette per motivi propagandistici di mettere in dubbio la facoltà della libera scelta di fronte all’ineluttabile dolore (fisico e morale) e che tira in ballo la dignità proprio nel momento in cui una persona rifiuta il disfacimento della propria mente e del proprio corpo decidenti di andarsene come persona ancora in gradi di sorridere e non come un rottame.
La Chiesa troppo spesso dimentica la lezione di un uomo chiamato Gesù il quale, consapevolmente, si “fece suicidare” pur essendo sano e innocente.