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martedì, 22 Ottobre 2024

Bastasse un panino a fermare la Mafia, mentre Tav e Expo 2015 a Libera non interessano

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

Aprire un bar di questi tempi non è cosa facile. Per resistere a crisi e concorrenza bisogna trovare l’idea giusta e questa può passare anche dal nome. O almeno così deve aver pensato Luca Dino, il proprietario del bar di via Lanzo 1, in zona Madonna di Campagna, che si chiama “41 bis”.
Nessun riferimento al numero civico, bensì a un articolo del codice penale, quello che sancisce il carcere duro a cui solitamente sono condannati i mafiosi. Insomma, un’idea nata quasi per caso nel 2009, quando è stato aperto il primo locale della catena diffusa in più punti di Torino, complice il fatto che in quel periodo del “carcere duro” se ne parlava molto in tv e sui giornali.
Ma chi entra nel bar di via Lanzo non trova nessun richiamo alla criminalità organizzata, solo panini e tramezzini secondo la moda dei bar-panetterie che tanto piacciono ultimamente.
Eppure in questi giorni di inizio gennaio in cui si è ancora assopiti dalle feste il “41 bis” diventa un caso suscitando non poche lamentele e polemiche. A partire da quelle di Libera: l’associazione di Don Ciotti infatti si è espressa contro l’idea di un bar che nel suo nome richiami in qualche modo la Mafia invitando i clienti a boicottare il locale.
Nulla di nuovo in realtà. Nei mesi scorsi Libera aveva puntato il dito anche contro una paninoteca di corso Regina che mutuava il suo nome dal film “Il Padrino” trasformandolo in “Il Panino”. Anche lì però solo sfilatini farciti e nessun richiamo a Cosa Nostra.
Episodi che fanno riflettere. Se la lotta alla criminalità organizzata e a tutto ciò che ne parla in termini positivi è importante, il problema è capire quali sono i veri “nemici” da combattere. Difficile pensare che chi si fermi a mangiare un panino in un locale chiamato “41 bis” lo faccia perchè gli ricorda la “dura vita” dei carcerati mafiosi. Così come a guardare “Il Padrino” sono più i fan di Al Pacino e Marlon Brando che quelli della malavita.
Dispiace invece constatare che la stessa decisa presa di posizione non c’è di fronte a quei fatti, piccoli o grandi, che possono davvero rappresentare un pericolo per la legalità del Paese.
Perchè l’attenzione non viene piuttosto rivolta a tutti quei bar i cui gestori sono minacciati quotidianamente dal pizzo? Perchè si invita a boicottare un locale per un’insegna ma non si fa lo stesso nei confronti di quelle grandi opere, dal Tav all’Expo, in cui le infiltrazioni mafiose sono tante e radicate? E che dire di politici e personaggi pubblici corrotti e collusi? Non è che il cattivo esempio derivi più da loro che da una paninoteca, spesso scelta dai passanti per i panini in vetrina, senza nemmeno alzare gli occhi fino all’insegna?
Così come vien da chiedersi perchè Davide Mattiello, storico dirigente di Libera ora deputato nelle fila del Partito Democratico, sia andato a trovare il presunto boss di Mafia Capitale, Massimo Carminati, e non, a suo tempo, i tre ragazzi No Tav accusati di terrorismo, ma poi assolti, costretti anche loro a regime di carcere duro.

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