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martedì, 22 Ottobre 2024

Arrestato Scajola perché aiutò un mafioso

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

Hanno suonato all’alba alla porta della sua stanza di alberto in via Veneto a Roma per notificargli l’arresto disposto dai giudici di Reggio Calabria. Secondo la direzione investigativa antimafia, infatti, l’ex ministro avrebbe favorito la latitanza di Amedeo Matacena, ex parlamentare condannato in Cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Un accusa che avrebbe lasciato Scajola senza parole visto che agli uomini della Dia a cui ha aperto la porta è apparto “sconvolto e sconcertato” chiedendo motivazioni su quanto stava succedendo.
E in fondo non ha tutti i torti, visto che aiutare un condannato per mafia non è poi la cosa peggiore tra quelle segnate sul suo curriculum. A partire dagli anni giovanili nella sua Imperia.
Figlio d’arte, in quanto il padre Ferdinando fu il fondatore della Democrazioa Cristiana della cittadina ligure e sindaco, lui stesso iniziò il suo “cursus honorum” in consiglio comunale fino a conquistare la fascia tricolore nel 1982. Un incarico che durò meno di un anno dal momento che nel 1983 dovette dimettersi dopo l’accusa di concussione relativa agli appalti del migliori10casino.it di Sanremo da cui poi fu prosciolto.
Solo prove generali per quella che sarà la sua vera ascesa politica dalla metà degli anni Novanta, quando entrerà in Forza Italia diventandone coordinatore nazionale e elaborando lo statuto del partito, creando poco per volta un rapporto di amicizia con Silvio Berlusconi fondamentale per la sua carriera futura.
E se c’è un anno che non può essere dimenticato nella vita di Scajola è il 2011: il 10 giugno infatti viene nominato ministro dell’Interno. Un mese dopo il suo primo importante compito da capo del Viminale: gestire l’ordine pubblico al G8 di Genova. Lo farà con irreprensibile fermezza, ribadita anche negli anni successivi quando di fronte a chi gli chiedeva spiegazioni sul comportamento della polizia in quei giorni e sulla morta di Carlo Giuliani affermava: «Fui costretto a dare ordine di sparare se avessero sfondato la zona rossa». Tanto che persino il comico Paolo Rossi parlando di Scajola lo definì «quella malattia che si prende d’estate, specialmente sul litorale ligure, che si manifesta con lividi, tumefazioni e sanguinamenti, un po’ come se ti avessero preso a manganellate».
Eppure, né la condotta né le sue parole sulle giornate di Genova gli valsero le dimissioni che arrivarono nel 2002 dopo l’omicidio del consulente del governo Marco Biagi, a cui aveva revocato la scorta. «Non fatemi parlare. Figura centrale Biagi? Fatevi dire da Maroni se era una figura centrale: era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza» dirà ai giornalisti che gli chiederanno spiegazioni sulla scelta di togliere la protezione all’uomo che stava collaborando a una riforma del lavoro contestata da più parti.
Ma l’abbandono del Viminale incredibilmente apre nuove porte a Scajola che sarà ministro per l’Attuazione del programma di governo dal 2003 al 2005 e successivamente ministro delle Attività produttive fino al 2008 e per altri due anni ministro dello Sviluppo economico. Nel mezzo qualche altro scandaluccio: dai voli ad personam sulla rotta Fiumicino-Albenga, creata ad hoc per farlo tornare a casa con più comodità, fino alla scandalo Anemone quando fu indagato, processato e poi assolto da ogni accusa per una casa con vista Colosseo pagata dallo stesso parlamentare ma per la quale sono stati trovati assegni circolari intestati a persone vicine all’imprenditore Diego Anomone.
Ora una nuova accusa da parte dell’antimafia lo lascia incredulo. Come dargli torto, pensavamo che il peggio di sè l’avesse già dato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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