L’inchiesta dei carabinieri del Ros di Torino sulle buste esplosive inviate da due magistrati della procura subalpina «è un becero tentativo di colpire gli anarchici in quanto tali».
È quanto afferma, in una lettera dal carcere di Sassari diffusa dai siti internet di area antagonista, uno dei tre arrestati lo scorso 21 maggio.
«I tutori dell’ordine – si legge – devono per forza fornire una giustificazione, costruire moventi e attribuire responsabilità. I solerti investigatori hanno rivelato anche questa volta le loro doti creative e la loro frustrazione pescando nel mucchio, strumentalizzando miseramente intercettazioni e dialoghi della quotidianità, e aggrappandosi a qualsiasi appiglio pur di dare sostanza ad un nulla di fatto. Corrispondenze con i prigionieri e iniziative di solidarietà diventano i punti chiave su cui far leva per inquisire, e rappresentano il pretesto per inventarsi collegamenti e forzature». Le due buste, indirizzate ai pm Antonio Rinaudo e Roberto Sparagna, erano giunte al Palazzo di giustizia di Torino il 7 giugno 2017. Contenevano fili elettrici, polvere da sparo e una batteria, ed erano in grado di esplodere.
L’inchiesta riguarda l’invio di un plico analogo a Santi Consolo, all’epoca direttore del Dap.