di Giulia Zanotti
Ha la voce rotta dall’emozione Chiara Appendino nel suo primo discorso da sindaco di Torino. Lei che, forse per scaramanzia, aveva deciso di aspettare a casa i risultati degli scrutini, non appena la notizia è diventata sicura si è diretta a Palazzo di Città dove i militanti del Movimento Cinque Stelle stavano già festeggiando al grido di “Onestà”.
«Quello di stasera – ha detto – è il risultato di un percorso iniziato cinque anni fa quando siamo entrati per la prima volta in Sala Rossa. In questi anni molte persone si sono avvicinate a noi e abbiamo lavorato per dare un nuovo corso a questa città. È stato un lungo cammino e questa è stata una campagna elettorale intensa e faticosa. Ci siamo presentati così come siamo, abbiamo presentato il nostro programma e i torinesi ci hanno accolto con rinnovato interesse per la politica».
E mentre parla i cori “Chiara, Chiara” la interrompono più volte. «Siamo un piccolo frammento della storia della nostra città, da quel 1706 impresso sulla nostra bandiera fino a chi è arrivato qui da lontano per far crescere i propri figli e costruire il proprio futuro. Un’eredità che dobbiamo lasciare migliore a chi verrà. Bisogna ricostruire una città profondamente ferita».
Poi un pensiero al suo avversario Piero Fassino: «Ringrazio il mio predecessore e la sua squadra per aver condotto la città. Tutti noi siamo la città e agiremo per l’interesse della città. Ogni torinese dovrà sentire Palazzo di Città come la sua casa la cui porta sarà sempre aperta. Da sindaco non potrò risolvere tutti i problemi, ma sarò il sindaco di tutti in un percorso che faremo insieme. So che l’opposizione sarà dura e mi aspetto che tutti i torinesi siano attenti e vigili. Oggi finisce un capitolo della storia di Torino e se ne apre un altro. Siamo pronti a governare e da domani saremo già al lavoro per servire la nostra amata città».