di Moreno D’Angelo
Il presunto boss Saverio Dominello si è dissociato dalla criminalità organizzata e ha di fatto sollevato il presidente bianconero da ogni coinvolgimento ma non farà mai il pentito.
È quanto emerso dalle sue dichiarazioni spontanee che hanno animato l’udienza preliminare dell’inchiesta dei pubblici ministeri Paola Toso e Monica Abbatecola nominata “Alto Piemonte” sulle presunte infiltrazioni della mafia calabrese al nord, nel cui ambito è emerso lo scandalo dei rapporti tra Juventus e ‘Ndrangheta per la vendita di biglietti che vedono coinvolto il figlio del boss, Rocco Dominello.
«Le cosche mi fanno schifo. Io sono spazzatura e per colpa mia il presidente bianconero è stato tirato in questo caso mediatico» ha dichiarato Domitello, presunto boss del “feudo” di Montanaro nel Canavese, zona in cui la ‘Ndrangheta è da tempo radicata. Saverio Dominello ha detto di non operare per l’organizzazione criminale dal 2012 e che solo oggi si è formalmente dissociato «perché far parte della ’ndrangheta è un marchio d’infamia e non volevo che i miei figli pagassero per questo. Mi possono anche sparare in testa, ma la mia famiglia deve rimanerne fuori. Sono dispiaciuto. Tutto questo non sarebbe successo se non fosse stato coinvolto il mio nome».
In particolare Domitello ha fatto riferimento anche al tentato omicidio di Volpiano di cui è accusato in concorso con il figlio precisando che quest’ultimo non avrebbe colpe: «Lui non c’era e io sono solo l’esecutore e non il mandante», ha spiegato.
Nel corso dell’udienza il gup Giacomo Marson ha anche deciso le costituzioni di parte civile: non è stato ammesso l’azionista juventino Marco Baca, mentre la Città di Torino e la Regione Piemonte sono stati ammessi solo contro alcuni imputati e per alcuni reati.