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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Scritto da Battista Gardoncini

Italia Viva è l’unico partito al mondo che ha più eletti che elettori. Matteo Renzi sa benissimo che se si andasse a votare oggi non raccatterebbe neppure lo striminzito 6% attribuito al nuovo partito dai sondaggisti più compiacenti, e quindi il suo spazio di manovra è molto ridotto. Può strillare quanto vuole – e lo fa – ma non può far cadere il governo.

Sconfessato prima da Grillo e poi dai suoi parlamentari, Gigino di Maio ha perso il ruolo di capo politico dei Cinque Stelle, ma ancora non si è rassegnato. Sta lì soltanto perché il movimento non ha ancora trovato un successore. Può strillare quanto vuole – e lo fa –  ma non può far cadere il governo.

Dopo la incomprensibile scelta di affossare il governo di cui era l’uomo forte Matteo Salvini è alle prese con l’ala ragionante della Lega, che non lo ama e ha mal digerito la decisione, e si dibatte penosamente nel tentativo di tornare sulla cresta dell’onda.  Ha cercato una rilegittimazione portando in piazza il popolo del centro destra, apparentemente unito sul suo nome. Anche lui però sa che può strillare quanto vuole,  ma che il governo, almeno per ora, non cadrà.

Eppure questi tre personaggi, che in qualsiasi altro paese se ne starebbero in silenzio a leccarsi le ferite, sembrano gli unici in grado di attirare l’interesse di giornali e televisioni, che li seguono in tutti i loro spostamenti e ne registrano anche la più insignificante dichiarazione. Come al solito si è distinto Bruno Vespa, allestendo un dibattito tra i due Matteo tanto pubblicizzato quanto inutile: un duello di battute tra ego smisurati, di cui a distanza di pochi giorni è difficile ricordare anche soltanto un momento davvero significativo. Così come è difficile cercare un minimo di coerenza nelle scomposte dichiarazioni del ministro Di Maio, troppo desideroso di riaffermare il ruolo di presunto leader per occuparsi degli affari esteri che dovrebbero essere di sua competenza.

Non è tutta colpa loro. Si comportano così perché noi giornalisti lo consentiamo. Più o meno consapevolmente siamo i loro complici. Li aiutiamo ad alimentare il teatrino della politica che nel corso degli anni ha ammorbato il paese, nascondendo i problemi reali dietro la cortina fumogena delle parole in libertà. Ci sarebbero tantissimi argomenti meritevoli di attenzione, tante situazioni critiche da raccontare, tante persone da valorizzare. Invece continuiamo a ignorare il paese reale, porgendo deferenti microfoni ai soliti noti e  titolando a tutta pagina sul niente.

La crisi del giornalismo italiano è sotto gli occhi di tutti. Ma è inutile lamentarci per il crollo delle vendite e degli ascolti se non affronteremo il problema alla radice, se non torneremo a fare il nostro mestiere, raccontando le cose come stanno, e non come piacciono e servono ad alcuni. Potrebbe non bastare. Ma almeno proviamoci.

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