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martedì, 22 Ottobre 2024

Agenda 2031: pari diritti, pari davvero. Il centrosinistra si organizza

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Rosanna Caraci
Rosanna Caraci
Giornalista. Si affaccia alla professione nel ’90 nell’emittenza locale e ci resta per quasi vent’anni, segue la cronaca e la politica che presto diventa la sua passione. Prima collaboratrice del deputato Raffaele Costa, poi dell’on. Umberto D’Ottavio. Scrive romanzi, uno dei quali “La Fame di Bianca Neve”.


Torino città dei diritti: forse, in futuro, potrebbe dare di più. Il tavolo del centrosinistra che si è incontrato nell’ambito della costruzione dell’agenda Torino 2031 da consegnare al futuro candidato sindaco del centrosinistra, ha posto all’attenzione i limiti di una postura ancora troppo maschilista e distratta per una città che ambisce a tornare con orgoglio nel panorama internazionale delle grandi capitali europee. Ciò che infatti scandisce il respiro delle grandi metropoli multiculturali e moderne nel proprio approccio alla quotidianità, è la visione aperta, paritaria, senza angolazioni suggerite da vecchi cliché, sulla società che cresce e chiede sempre più spazio e rispetto.

Il focus offerto su pari opportunità, diritti, coordinato da Carlotta Salerno e Nicoletta Daldanise ha percorso difficoltà e possibili soluzioni.

Con loro, Stefanella Campana, Carlo Tresso, Giulia Ricci, Stefania Doglioli, Silvio Magliano ma anche Elide Tisi, Eleonora Averna, Ferruccio Pastore, Lorenza Patriarca, Chiara Foglietta e molti altri attori che negli anni hanno permesso alle differenze e alle difficoltà di diventare esempi di parità e risorse. 

Carlotta Salerno ha sottolineato nella sua introduzione come “le azioni che concorrono a rinsaldare il patto tra i cittadini e l’amministrazione locale, in un’ottica di responsabilizzazione dei primi alla gestione della cosa pubblica e di apertura dei decisori ad una progettazione partecipata, sono le premesse fondanti per qualunque politica cittadina”. E Nicoletta Daldanise ha aggiunto “Dopo il percorso di decrescita degli ultimi anni e degli effetti della pandemia, ci troviamo davanti ad una città sofferente per le difficoltà economiche, per la fatica di vedere prospettive e per le conseguenti frizioni sociali, che paiono spesso sul punto di esplodere.” A prescindere dalla contingenza, contesti urbani immersi in un profondo processo di riconversione della propria vocazione da città industriale a città attrattiva per nuove progettualità a carattere innovativo, “hanno necessità di rinsaldare il patto sociale e di renderlo calzante con le nuove condizioni economiche e ambientali che vengono a crearsi”. 

Se si considera la particolare identità di Torino, che ha vissuto importanti fenomeni di immigrazione a partire dagli anni ‘60, basando anche parte della propria capacità attrattiva sulla sua dimensione multiculturale e ancor prima di laboratorio sociale e culturale, un empowerment di comunità è da intendersi come vero e proprio motore di sviluppo. Per far sì che questa intenzione si sostanzi su basi concrete, dicono le coordinatrici del gruppo “occorre partire dall’assicurare a tutti gli abitanti uguali diritti e trasparenza di opportunità, nell’ottica di arricchire il capitale sociale inteso come insieme di relazioni in grado di assicurare un accesso agile alle risorse messe a servizio del cittadino e in grado di garantire uno sviluppo pieno e autonomo del singolo, nella propria dimensione personale e di comunità”. 

Un pari accesso alle risorse consente di sentirsi sicuri.

Stefania Doglioli ha offerto un taglio alla riflessione puntando tutto sulla postura culturale di Torino, che poi rispecchia quella del Paese “Una città parla attraverso i luoghi che vengono vissuti, abitati, le piazze, i locali, i manifesti: luoghi nei quali il potere dispari viene spesso condiviso perché le discriminazioni non appaiono evidenti, oppure perché peggio vengono legittimate come fatto culturale”. Non c’è la corretta consapevolezza della discriminazione, e questa può essere raggiunta, sempre secondo Doglioli, anche attraverso i gesti amministrativi, come i patrocini “Fare attenzione a chi li si concede, premiando coloro che rispettano le presenza eque tra i generi, ad esempio” e negandolo a chi non presenta certi criteri. “In tutto il Piemonte sono solo 4 i monumenti dedicati alle donne – ha sottolineato – e a Torino non ce n’è alcuno. Che esempio diamo alle nostre ragazze, quali modelli di riferimento?”.

Silvio Magliano, che ha portato la sua lunghissima esperienza come presidente dell’associazione Vol.To, ha ribadito la necessità di “ripartire dai fondamentali. I Peba, la legge sul “dopo di noi”. E’ fondamentale una mappatura di qual è l’attuale accessibilità della città, le barriere architettoniche, sia stradali che nell’accesso ai mezzi pubblici e ai servizi. Dobbiamo essere molto concreti, disegnando i servizi alla persona sulla sua centralità e sui suoi bisogni”. “Il patto tra terzo settore, famiglie e disabilità deve essere rinforzato – ha concluso – avendo con la Regione un robusto rapporto sulla ripartizione delle risorse. Se il patto non verrà rinforzato corriamo il rischio di tornare a trent’anni fa”.

Il tema della sicurezza, le cui declinazioni sono tante, che rappresenta un elemento dirimente nella percezione di vita dei cittadini, è stato analizzato sotto il particolare profilo della sicurezza sociale e integrata: la sicurezza data da una comunità forte, priva di ghetti fisici o esistenziali, capace di accogliere ed educare al contempo alla legalità. 

Ultimo ma non meno importante aspetto che l’empowerment di comunità deve includere è la sua diffusione capillare su tutto il tessuto urbano, concentrando gli sforzi in quei quartieri sviluppatisi nel passato in tempi molto brevi per via dell’esigenza abitativa in espansione, ma non all’interno di una visione strategica del piano urbanistico e della destinazione d’uso. L’azione sulle aree perimetrali al centro, che assumono un importante ruolo di cerniera con altri nuclei della città metropolitana, devono essere immaginate al di là della retorica sulle periferie che troppo spesso ha animato il recente dibattito politico. 

La propensione di Torino a raccogliere le migrazioni, dal sud un tempo e dal resto del mondo negli ultimi trent’anni, viene ricordata da Ferruccio Pastore “Il problema dell’integrazione esiste nella misura in cui c’è un problema di riconoscimento che l’immigrazione ha avuto una parte essenziale e propulsiva nello sviluppo della città. E’ necessario creare le condizioni affinché i giovani con background migratorio possano vedere Torino come una comunità in cui fermarsi e restare. Abbiamo un patrimonio abitativo inutilizzato e inaccessibile, un’altra ricchezza inutilizzata è quella immateriale delle persona anziane, che possono trasferire la propria conoscenza ed esperienza ai giovani in azioni di tutoraggio, accompagnamento”.

Il prossimo incontro sul tema della comunità e sui moduli abitativi, sul welfare sarà giovedì prossimo, 28 gennaio, alle ore 18 sempre sulla piattaforma you tube di Agenda Torino 2031 e sui canali social.

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