Torino città internazionale del libro si difende grazie all’intraprendenza di librai e piccoli editori, ha nelle sue biblioteche un patrimonio inestimabile, presidio territoriale e collettore di energie e scopre nel digitale la possibilità di arrivare a un pubblico che a un certo tipo di offerta culturale probabilmente non ci sarebbe arrivato. Da questo bisogna ripartire per rispondere alla pandemia, non venirne travolti ma anzi trarre dal momento di inedita difficoltà lo spunto per individuare nuove sinergie e potenzialità.
Librerie, editoria, biblioteche sono state protagoniste del terzo appuntamento per costruire l’Agenda Torino 2031 da sottoporre al prossimo candidato sindaco del centrosinistra. La coalizione si è incontrata in un evento on line e pubblico ragionando sul tema e un documento preparato per l’occasione da Nicoletta Daldanise, Francesco Astore, Francesca Druetti coordinatori del tavolo cultura, che ha permesso di focalizzare i nodi di maggior attenzione su un settore che, nonostante il segno positivo di fine anno, ha accusato i colpi della lockdown.
Molti sono stati gli interventi e le partecipazioni di livello, da Antonella Parigi a Giorgio Ardito, da Francesco Astore a Daniele Valle, e poi Ilaria Gritti, Enrico Gentina, Cecilia Cognini, Vittorio Bo e altri attori del mondo legato al libro.
“Dall’indagine sull’Editoria del rapporto Io Sono Cultura 2020 della Fondazione Symbola, quella del libro risulta la più importante fra tutte le industrie culturali in Italia, per un valore comprensivo di 3 miliardi di euro. I dati raccolti nel corso della pandemia da Covid-19 lasciano emergere un settore in grave contrazione, con una perdita prevista tra il 20 e il 30% del fatturato – ha introdotto Daldanise, sottolineando come – una crisi di tale portata arriva purtroppo a sbilanciare un trend positivo evidenziato dalle rilevazioni di inizio anno, che era stato sottolineato ancor di più dallo storico risultato dell’entrata in vigore della Legge per la Promozione della Lettura entrata in vigore il 25 Marzo 2020.
In Italia si legge poco e male, per questo l’obiettivo principale della Legge è incoraggiare la pratica della lettura come volano di coesione sociale e sviluppo di comunità, riconoscendo il libro come strumento principale di contrasto alla povertà educativa.
Nonostante questo indirizzo, dunque, l’emergenza sanitaria ancora in corso ha fatto registrare un’iniziale paralisi nelle vendite, dovuta alla chiusura delle librerie durante il primo lockdown.
La mancata promozione delle novità editoriali da parte dei distributori e dei librai, in un primo momento ha reso inutile produrle e stamparle. L’osservatorio dell’AIE ha previsto che verranno pubblicati oltre 23.000 titoli in meno, su un totale di quasi 80.000 novità all’anno nel 2019.
“Il mercato tiene botta, nonostante i primi mesi che hanno fatto tremare i polsi agli editori – ha commentato Vittorio Bo – . C’è stata una maggiore attenzione, progressiva: e il finale di stagione è con segno positivo davanti la cifra.
All’inizio molti hanno additato il campo dell’editoria come uno di quelli meno pronti ad accogliere l’innovazione, per lungo tempo identificata semplicemente con l’avanzata degli ebook e degli store online. Indubbiamente, il lockdown ha dato a questi ultimi un vantaggio immediato e ha contribuito a spostare una quota delle abitudini di acquisto.
Tuttavia, l’aumento degli acquisti online, schizzato in alto durante il primo lockdown, non ha intaccato drasticamente il ruolo delle librerie, decisive anche nell’orientare le scelte di acquisto (sceglie cosa comprare una volta entrato in libreria il 33% dei lettori, si affida alle informazioni raccolte online il 23% e ai media tradizionali il 21%). I dati Cepell-AIE già citati riportano a ottobre il tasso di frequentazione delle librerie al 67% (contro il 74% del 2019, ma in netto recupero rispetto al 20% di maggio). In particolare, gli ultimi mesi hanno dimostrato come le librerie indipendenti hanno assorbito meglio di altri il colpo, interpretando l’innovazione con altri strumenti, inventando nuovi canali di comunicazione, fidelizzando i clienti attraverso presentazioni e letture online, offrendo consigli di lettura in videochiamata, proponendo sistemi di consegne a domicilio in bici o forme ibride di vendita attraverso le nuove piattaforme di distribuzione online.
“E’ indispensabile cercare di convertire il momento difficile che stiamo attraversando in opportunità – ha sottolineato Francesco Astore – , cercando piani che si possano mettere in campo per rafforzare il mondo dell’editoria, delle librerie e dei libri della città.
“Le Esperienze di Torino sono esportabili – ha aggiunto Bo – a cominciare dagli istituti di italiano all’estero. Riprogettare la cultura del libro è la via affinché si riaffermi grazie all’intrapresa dei singoli, come i librai, che sono stati straordinari nei rapporti della qualità e dell’offerta. Editori e librai hanno messo in atto un’alleanza importante.
“Produciamo meno titoli quest’anno, è vero, ma continuiamo a vendere e il fatturato non è stato messo in crisi. Ruolo cruciale hanno, avranno le biblioteche, veri e propri avamposti sociali: un luogo dove scambiare opinioni, trovare elementi di ristoro, favoriscono lo stare insieme e lo spirito della comunità. Il sistema deve essere aiutato in modo tangibile.
“Il rapporto privilegiato con il settore dell’educazione, non solo per le librerie, ma anche per la Rete delle 23 Biblioteche Civiche e il Coordinamento degli Istituti Culturali, è un altro asse fondamentale per lo sviluppo dei territori – ha ricordato Daldanise – per cui la digitalizzazione, incentivata attraverso i contributi del Recovery Fund, potrebbe costituire un’occasione imperdibile di rinnovata valorizzazione e disseminazione dei propri patrimoni”.
Le scuole devono essere supportate nel fondamentale compito di costruzione di un’identità civica per le nuove generazioni, rafforzando altre azioni a carattere più generale come la Capitale italiana del libro, #ioleggoperché e Nati per leggere, un programma di competenza comunale, sviluppato assieme all’Associazione Culturale Pediatri, l’Associazione Italiana Biblioteche e il Centro per la Salute del Bambino, che propone gratuitamente alle famiglie con bambini fino a 6 anni di età attività di lettura che costituiscono un’esperienza importante per lo sviluppo cognitivo dei bambini e per lo sviluppo delle capacità dei genitori di crescere con i loro figli.
Lo strumento per mettere in campo questi propositi a livello comunale esiste già come diretta conseguenza della Legge di Promozione della Lettura ed è il Patto per la Lettura, che si sostanzia nel suo Tavolo di Coordinamento, con cui la Città di Torino riconosce nella lettura un diritto fondamentale per tutti i cittadini e una competenza, come abitudine individuale e sociale diffusa, da promuovere nella comunità per il suo sviluppo culturale ed economico e il benessere diffuso. Un’azione tanto più necessaria se si considera che Torino si pone al terzo posto in Italia nella classifica delle prime dieci tra le città italiane che leggono di più, dopo Milano e Roma, pur ospitando la più rappresentativa manifestazione italiana nel settore dell’editoria.
Quanto il lockdown e la pandemia peseranno sul nostro modo di avvicinarsi alla cultura e di fruirne è la riflessione posta da Antonella Parigi, già assessore alla cultura della Regione Piemonte e direttore del Circolo dei Lettori, “la legge riconosce le librerie come soggetti culturali al di là del fatto che siano attori privati – ha ricordato – e mai come nel lockdown abbiamo capito che ci sono degli attori privati che sostengono la comunità e che vanno aiutate. Il lockdown non ci lascerà uguali e questa è la grande scommessa del futuro: capire chi saremo e come diventeremo, al di la del vaccino o meno.
La riflessione di Parigi è stata “torneremo a essere interessati ai grandi eventi? Non ne sono sicura. Come modalità di rapporto. Il mondo del web ben si approccia al libro. Ho letto la presentazione di Effetto festival, e ciò che emerge di interessante è che grazie alla digitalizzazione dei contenuti si è avuto il 16 per cento in più, con gente che non ha mai frequentato un festival. Il web non deve essere visto come avversario ma alleato per allargare il palcoscenico della cultura. E’ questa la chance per nuovo umanesimo”.
Basta pensare che lo stesso Salone del Libro, con SalTo Extra – la serie di webinar online diffusi attraverso Facebook e YouTube in diretta e on demand – ha intercettato l’altra direzione più che mai attuale del settore ovvero l’individuazione di nuovi canali per la divulgazione culturale attraverso i social media. Probabilmente, proprio in virtù di questa nuova forma di circuitazione, durante il lockdown si è assistito ad un proliferare decisamente inedito di una forma di produzione culturale, che sempre più difficilmente potrà essere trascurata. Il settore dei podcast era già in forte sviluppo dopo l’ingresso nel mercato italiano di multinazionali come Audible e Storytel, ma tra marzo e aprile 2020, si è registrato il 70% in più di post ad esso dedicati rispetto ai due mesi pre lockdown, generando 13,14 milioni di interazioni (+60%) e 2,56 miliardi di impression (+38%) sul tema. A farla da protagonista, infatti, è soprattutto l’audiolibro con un trend di ricerca cresciuto del 227% rispetto all’inizio dell’anno.
“E’necessario smetterla con il principio che piccolo è bello – ha chiesto nel suo intervento Giorgio Ardito – Occorre che l’amministrazione pubblica sviluppi una politica per fornire reti e servizi affinché si abbattano i costi di biblioteche, di librerie: si tratta di un impegno culturale legittimo, non è assistenzialismo. Migliorare la rete delle biblioteche ma aiutare quella delle librerie.
Grandi eventi e piccole realtà non sono in collisione o contrapposizione. Secondo Ardito infatti “il grande evento deve essere un terminale delle piccole realtà e deve collegarsi con esse. Gli uni se fatti bene, alimentano gli altri”.
Ha ricordato poi la grande ricchezza delle collezioni private presenti a Torino “Esiste un patrimonio culturale librario importante che è quello di famiglie che sono disposte a metterlo a disposizione – ha concluso – Ci sono documenti di grandi interesse, testimonianti le lotte di quartiere negli anni 60, su temi quali casa o ambiente, che non trovano spazio nei centri culturali come il polo del ‘900 o l’Istituto Gramsci. È una questione alla quale occorrerebbe dare risposta, con spazi pubblici oggi inutilizzati dove collocare queste collezioni, molto importanti.