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martedì, 22 Ottobre 2024

A spasso per San Mauro: tre ritratti

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Scritto da Gabriele Richetti
Appena fuori Torino, adagiato sulla prima cintura di colline oltre la riva destra del Po, sorge un piccolo comune dalle antiche origini: San Mauro Torinese.
San Mauro racconta – attraverso le sue strade e i suoi edifici – una storia locale che si perde nei secoli, fatta di continue evoluzioni sociali e di figure intrise di genuina umanità, che paiono far capolino con timidezza da vecchi libroni impolverati, riposti su qualche scaffale legnoso di campagna.
Centin il campanaro
Nato nel 1886, Vincenzo Fanciotto detto Centin, seguendo la tradizione di famiglia, divenne sacrestano già a 19 anni. Sposatosi nel 1910, ebbe la sfortuna di rimanere vedovo dopo soli undici anni di matrimonio.
Magro, con il viso mai completamente rasato, camminava per San Mauro con le immancabili pantofole e il suo cappello largo.
In quanto sacrestano, a lui spettava il compito di suonare le campane, per annunciare ai Sanmauresi gioie e dolori in quegli anni lontani ma non troppo, anni in cui le persone scandivano la propria vita al ritmo imposto dal campanile del paese.
Dallo sguardo dolce e benevolo, divenne negli anni della vecchiaia una istituzione per gli abitanti di San Mauro, che lo rispettavano come si rispetta chi tra quelle strade era cresciuto ed era vissuto per l’intera esistenza.
Centin morì nel 1968. All’alba, se così si può dire, di una nuova epoca, forse troppo difficile per lui da comprendere.
Preferì così andarsene tra l’amore dei suoi concittadini, con la mite compostezza di sempre.
Pede il postino
Pede il postino si chiamava Pietro Coggiola e fu per anni il postino del comune di San Mauro. Nato in paese nel 1893, non si sposò mai e condivise l’intera esistenza con il fratello, nella stessa abitazione.
Di costituzione fisica minuta, orgoglioso nella sua divisa, per decenni percorse instancabile giorno e notte le accidentate strade della collina – che fossero in salita o in discesa non faceva differenza – con sincera passione e senso del dovere. Quando la via diventava davvero troppo impegnativa, soltanto allora smontava sbuffando dalla sella per proseguire a piedi.
In tempo di guerra, avvistarlo al fondo della via poteva significare l’avvicinarsi di buone notizie dal fronte o, troppo spesso, la conferma di una tragedia famigliare che stava per varcare l’uscio di casa senza bussare.
Dopo cena era solito smistare sul tavolo della cucina la posta che avrebbe dovuto consegnare il giorno seguente.
Stremato dalle pedalate, spesso si addormentava chino sul tavolo, tra le sue amate lettere, senza nemmeno essersi tolto gli scarponi da lavoro.
Era così che lo trovava il fratello il giorno seguente, svegliandolo con una carezza.
Lasciò la sua amata comunità nel 1963, dopo essersi visto appuntare sul petto la medaglia d’oro per la dedizione con cui aveva portato avanti il proprio lavoro per tanti anni.
Giansiracusa il maestro
Don Salvatore Giansiracusa fu maestro a San Mauro. Fu “il” maestro di San Mauro, se così si può dire.
Nacque nel lontano 1841 in provincia di Siracusa, lontano dalla parrocchia sulla riva del Po’ dove avrebbe trascorso ben 46 anni della sua vita, fino alla morte nel 1930.
Ordinato sacerdote nel 1864, dedicò la vita all’insegnamento, ricevendo nel 1911 il diploma d’onore come insegnante benemerito e, nel 1915, la medaglia d’oro dal re Vittorio Emanuele III per i 40 anni di insegnamento.
Sui banchi di San Mauro conobbe generazioni di studenti, molti dei quali contraccambiarono l’affetto ricevuto indirizzandogli accorate lettere dal fronte, durante i terribili anni della Grande Guerra, per ottenerne in cambio un po’ di speranza: le classi di studenti non dimenticarono il loro insegnante neppure nelle trincee.
È questo il caso del Caporal Maggiore Ferdinando Gianarda, allievo sanmaurese di Don Salvatore, che nei giorni di guerra non si scordò dell’amato maestro: «Devotissimo Maestro Don Salvatore. Con la mia più gradita e lieta consolazione accolgo sua gentil lettera la quale ringrazio infinitamente la sua ricordanza di mè e dei miei compagni tutti suoi allievi. Così tanto lontani sulle balze dei nostri fronti per difendere la nostra bella Italia».
Il Comune di San Mauro volle dedicare al maestro Giansiracusa una via, presente ancora oggi.

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