Scritto da Gabriele Richetti
Alzando gli occhi verso la Sacra di San Michele, che da secoli domina l’imbocco della Val Susa, adagiata maestosa sul monte Pirchiriano, quasi immediatamente la nostra attenzione è catturata dai ruderi di una Torre.
Questa Torre si affaccia sulla valle sottostante: una sorta di Torre di Pisa, pendente sullo strapiombo. È la Torre della Bell’Alda, dal nome della ragazza che da lassù si gettò nel vuoto per ben due volte.
La storia della Bell’Alda
Secondo la tradizione, all’epoca di Federico il Barbarossa la Val Susa era territorio di scorribande da parte di sanguinari mercenari e bande armate.
Le popolazioni che abitavano quei luoghi, per sfuggire alle continue razzie, erano soliti rifugiarsi sui monti circostanti, tra cui il Pirchiriano, sede della Sacra di San Michele.
In una di queste occasioni, non contenti dopo il saccheggio del villaggio, i soldati seguirono i fuggiaschi fino al complesso: era tra i presenti una giovane ragazza, chiamata Alda, a quanto si tramanda bellissima. Per dirla con lo storico Gallizia, che scrive nel 1699: «Tanto ci raccontavano i vecchi che erano coetanei ai tempi ne’ quali ciò successe».
Dopo aver ucciso i monaci, i predoni oltraggiarono le donne rifugiatesi lassù. Alda riuscì fortunosamente a scappare fino alla torre più alta della Sacra, dove si nascose, iniziando a pregare.
Sfortunatamente, i soldati giunsero al suo nascondiglio: in quel momento, disperata, la giovane raccomandò la sua anima alla Vergine e all’Arcangelo Michele e si gettò nel vuoto per sfuggire al triste destino che l’aspettava preservando la propria castità.
La profonda fede di Alda venne ricompensata: la Madonna, colpita dal coraggio e dalle preghiere della fanciulla, inviò prontamente due angeli a sostenerla durante il terribile volo, per poi depositarla lievemente a terra senza un graffio, come se fosse scesa su una nuvola.
La voce del miracolo si sparse. In tutta la Val Susa si sussurrava: «La Bell’Alda perseguita giù dal balzo si gettò, e nel fondo della valle lieve il vento la posò».
Il secondo (e ultimo) tentativo
Compiuto il miracolo, la vita di ciascuno proseguì tranquillamente.
La Bell’Alda, tuttavia, incominciò a vantarsi con i paesani di quanto le era accaduto, non mancando mai di rimarcare il miracolo che l’aveva vista protagonista. Ormai si credeva una creatura privilegiata dalla Vergine.
Nei paesi limitrofi, nonostante tutto, molti ancora non le credevano, non essendo stati presenti all’evento.
Stanca di essere presa per una bugiarda, Alda sfidò chiunque non si fidasse del suo racconto ad assistere alla ripetizione del miracolo: una volta per tutte sarebbe stata creduta.
Salita altezzosamente alla torre, ripropose il salto nel vuoto, mentre gli abitanti dei villaggi vicini, accorsi sotto il monte, assistevano con gli occhi sgranati alla insensata prova.
Tanta superbia fu però punita e la ragazza, senza l’aiuto degli angeli, si sfracellò miseramente sulle rocce sottostanti, nell’incredulità generale.
Scrive ancora il Gallizia: «Ma imparò non doversi tentar’Iddio, poiché allora trovò un precipizio, dove prima havea trovata una commoda discesa».
Cosa rimane della bella ragazza
L’impatto fu così violento da rimanere impresso nella tradizione orale piemontese. Recita un laconico detto che “‘l tòch pi gròss a l’é l’orija” (il pezzo più grosso è l’orecchio).
Nel punto dello schianto fu posta una croce e quando i viandanti le passavano accanto erano molti quelli che, ridacchiando sotto i baffi, canticchiavano:
“La Bell’Alda insuperbita qui dal balzo si gettò, sfracellata nella valle la Bell’Alda se ne andò”.