Entriamo nel vivo del parco attraverso un punto ristoro dove campeggia la campagna “Save the Rhino”, per sensibilizzare le persone sul rischio di estizione dei rinoceronti. Poi ci immergiamo nello spazio Madagascar dove incontriamo lemuri, testuggini giganti, fenicotteri rosa e pellicani. Gli spazi sono ampi e gli animali sembrano tranquilli ma la sensazione che abbiamo è che ci siano comunque delle limitazioni portate dalla necessità commerciale di poterli osservare.
Proseguiamo per la Baia dei pinguini e ci facciamo prendere inevitabilmente dalla loro simpatia. Poi arriviamo nella ambiente Serengeti, uno dei più grandi dell’area. Zebre, rinoceronti, specie che non identifichiamo subito e un sonnocchioso ippopotamo che si sollazza nell’acqua sono a pochi metri da noi. Per un attimo molliamo ogni difesa e ci lasciamo trasportare dalla scena attraverso un lungo sguardo silenzioso, ma pieno di emozioni.
Giriamo intorno alla struttra naturale e arriviamo nella zona Asia. Qui abbiamo la prima vera impressione negativa. Un istrice che vive un po’ isolato dal resto dell’area cerca disperatamente una via d’uscita. Lo spazio per la prima volta ci sembra un po’ angusto ed esprimiamo le nostre contrarietà a Irene. «A volte gli istrici sviluppano questo comportamento – racconta – e poi gli animali che arrivano allo Zoom non sono tutti nelle stesse condizioni. Lo controlliamo ogni giorno e cerchiamo di stimolarlo attraverso picoli progetti di arricchimento dell’habitat».
E con la stessa convinzione anticipa le nostre domande quando arriviamo in un anfiteatro dove volano sulle nostre teste rapaci, poiane e volatili di altre specie «Qui ci sono solo persone specializzate, gli animali volano per quasi tutto il giorno, otto ore tra i momenti con i visitatori e l’addestramento. Alla sera poi stanno liberi nella voliera che è molto ampia».
Prima di congedarci da Irene e Daniel gli chiediamo ancora se sono previsti programmi di reinserimento in natura degli animali: «Qui no – conclude Daniel – il reinserimento è possibile, ma carissimo e molto difficile. Inoltre il convolgimento dei governi locali, che è indispensabile, crea grandi difficoltà. Noi preferiamo concentrarci sul benessere degli animali nel parco e sull’arricchimento dell’habitat».
Salutiamo i nostri accompagnatori e mentre finiamo il giro tra tigri e scimmie facciamo alcune considerazioni.
Nei confronti dei vecchi zoo che erano dei lager, il parco è sicuramente un altro mondo. L’attenzione agli animali c’è e così anche il tentativo continuo di migliorarne l’esistenza. Questi animali d’altronde in natura soccomberebbero e nella stragrande maggioranza ci sono sembrati a loro agio e con spazi ben immaginati.
Ma c’è chi tra noi è stato in India, in Messico o in Africa e ha visto cosa significa la libertà nella natura selvaggia. Paragonando le cose è difficile esimersi dal pensare che anche il migliore degli zoo non è altro che un tentativo di gestire i danni prodotti dalla nostra specie. E poi c’è la questione del denaro e del profitto. Ma questa contraddizione riguarda tutti noi, non solo lo Zoom Park.
Leggi anche la prima parte (qui)