Dieci anni fa. Febbraio 2006. Diciassette giorni che cambiarono Torino. E, probabilmente, anche il modo di pensare dei torinesi. Da città delle fabbriche a capitale dello Sport grazie alle Olimpiadi invernali. Poi, a fiaccola spenta, qualche polemica, tanti debiti lasciati in eredità come è accaduto anche in altre città, ma una spinta importante per il turismo.
Evelina Christillin, oggi presidente di Enit e del Museo Egizio di Torino, allora presidente esecutivo del comitato promotore di Torino 2006, non ha dimenticato la magia di quei giorni. «L’Olimpiade di Torino è stata tutta un’emozione, ma forse la sensazione più intensa l’ho provata quella mattina di giugno ’99 a Seul, quando il Cio ha proclamato la sua scelta per i Giochi Invernali del 2006. Avevamo portato a casa un risultato che sembrava impossibile, battendo la grande favorita, la svizzera Sion. E c’era ancora l’Avvocato», ricorda Evelina Christillin.
“The winner is Torino“, la vincitrice è Torino: «Eravamo una ventina a lavorare in quel comitato, ci avevamo messo l’anima per un anno e mezzo, ma sembrava talmente difficile spuntarla e pochi al di fuori di noi ci credevano davvero. Ma ce l’abbiamo fatta – continua Christillin – e sono stati Giochi apprezzati in tutto il mondo, preparati in sette anni molti intensi».
Proprio Christillin, insieme a Valentino Castellani, sindaco di Torino, presentarono nel giugno del 1998 a Siviglia la loro Olimpiade e un anno dopo arriva l’annuncio di Juan Antonio Samaranch. Oggi cosa è rimasto?
«Torino 2006 – spiega Evelina Christillin – ha lasciato infrastrutture ed impianti ed un’eredità immateriale altrettanto importante, se non ancora di più: i Giochi hanno evitato di fare sprofondare Torino nel declino ed hanno restituito orgoglio e senso di appartenenza ai suoi cittadini. Di certo, il merito del progetto strategico per la nuova era di Torino è in buona parte delle amministrazioni cittadine guidate prima da Castellani e poi da Sergio Chiamparino, ma l’organizzazione dei Giochi ha fatto da volano a questi programmi, è stato il propellente».
«Prima delle Olimpiadi Invernali – continua -pochi in Asia o in America sapevano davvero dov’era Torino ed il Piemonte, ora la città e la regione sono diventate una meta turistica. Ed un altro bellissimo lascito olimpico sono stati i volontari: è stata costruita una rete sociale straordinaria che è ancora in buona parte attiva per tante manifestazioni». Però non bisogna dimenticare quelle strutture abbandonate.
«Qualche “buco nero” è rimasto: il villaggio di Torino e soprattutto la pista per bob, slittino e skeleton di Cesana. L’avevamo sempre detto che quell’impianto non andava costruito, sapevamo che sarebbe stato uno sfregio ambientale e che sarebbe stata problematica la gestione post-olimpica; dalla Francia c’era stata l’offerta di La Plagne di ospitare le gare olimpiche, e ci avrebbero anche dato una quota, ma c’è chi ha insistito per l’impianto nuovo».
Ma il bilancio dei Giochi di Torino 2006 a 10 anni di distanza resta positivo per la signora delle Olimpiadi: «Hanno portato l’eccellenza italiana nel mondo ed oggi fa piacere che il comitato organizzatore di Pechino 2022 si rivolga proprio noi per avere indicazioni sull’allestimento dei loro Giochi: Torino 2006 è una best practice riconosciuta».