Prezzi di vendita inferiori nel settore agricolo a quelli di produzione. È quanto denuncia la Coldiretti sulla scia del dramma avvenuto nel Foggiano: la morte di 12 braccianti in un incidente stradale. Erano tutti migranti, vittime del caporalato.
Povera gente considerata il nulla che andava a lavorare nei campi per la raccolta della frutta per quasi niente. Oggi loro, ieri noi. Al netto della demagogia, che pur è sempre in agguato in queste circostanze, ce lo siamo dimenticato?
La vergogna del caporalato ha origini antiche. Negli anni Cinquanta la denuncia era stagionale. Dieci anni dopo diventò costante sotto la spinta del ’68, delle lotte operaie e dell’anelito di giustizia sociale.
Ma il caporalato non è mai scomparso dalle cronache. Non è mai stato vinto. Anzi. È diventato nel tempo più spavaldo, mano mano che gli italiani cedevano ad altri mestieri ritenuti poco dignitosi: quei cosiddetti lavori che noi non vogliamo piu fare. Insieme abbiamo ceduto loro anche il diritto ad essere sfruttati e a morire nell’indifferenza. Non per cinismo individuale.
Dinanzi alla morte non respingiamo la commozione. Peccato che sia fine a se stessa, dal momento che ci si limita ad addebitare le responsabilità al sistema distorto. Capro espiatorio perfetto, come se il meccanismo economico degeneri per volontà superiore, non umana. Ma se siamo tutti concordi sulla barbara causa, perché non riportiamo il sistema sotto il nostro diretto controllo? Se non altro, potremmo un giorno sentirci orgogliosi di averlo privato della sua disumanità.