Scritto da Sara Collicelli
Parlare di Sense8 è davvero complicato. C’è davvero troppo materiale. Più che un articolo per una rubrica si dovrebbe scrivere un libro intero. Perché lì dentro c’è tutto, forse troppo.
Già, solo a partire dal titolo ci sarebbe da scrivere il mondo … Sense8. Otto sensitivi, otto senzienti. Che gli autori indicano con il numero 8. Il numero che quando cade diventa infinito … qualcosa che non finisce mai. E io credo infatti che sia proprio quello che Sense8 diventerà, una serie eterna e intramontabile.
Per le persone eccessivamente razionali è una storia che fa esplodere il cervello.
Ci sono otto sconosciuti che vivono in otto parti diverse del mondo e conducono otto vite diverse. Finchè un giorno … BOOM! Scoprono di essere in grado di entrare nella testa degli altri. Sono in grado di sentire quello che gli altri sentono.
Non parliamo di allucinazioni uditive e sensoriali schizofreniche. Parliamo di una reale condivisione. Dove uno vive sente e prova quello che prova l’altro. Condividono il dolore, la gioia, l’eccitazione. Un’orgia non solo sessuale ma anche e soprattutto emotiva. Respirano gli stessi odori, provano le stesse frustrazioni e le stesse umiliazioni. Non sono solo corpi e sudori che si mescolano. Si mescolano pelle anime e corpi.
Dopo le prime, naturali, diffidenze creano un legame unico e indissolubile. Un legame che francamente è lontano anni luce da quelli che siamo abituati a vivere e sperimentare noi, comuni mortali. Noi piccoli autosenzienti. Che non proviamo altro se non quello che il nostro corpo ci dice di provare.
La percezione è la trasformazione di un dato sensoriale in un qualcosa dotata di significato. E il dato sensoriale è quello che tu realmente vedi, senti, tocchi, annusi, percepisci… provi. E allora come fanno questi 8 senzienti a percepire le stesse cose? Come può una donna che sta in India vedere, sentire, toccare e annusare quello che prova chi sta in Germania o chi sta in America?
Semplice. Sono dotati di una forte, forte, fortissima empatia.
Ma non l’empatia normale, che tecnicamente è il sapere riconoscere lo stato d’animo dell’altro. Intercettarne le emozioni e dar loro un nome. Non è infatti la capacità di mettersi nei panni di un altro, come molti erroneamente credono.
La loro, dicevo, è un’empatia all’ottava potenza. È come se avessero un inconscio collettivo fosse totalmente intriso di empatia. Che si declina nella predisposizione a sacrificare tutto per la famiglia, la loro famiglia.
Appena uno di loro è in difficoltà, ecco che la famiglia si mobilità mette e disposizione le sue competenze le sue capacità e si aiutano. Reciprocamente.
Nessuno di loro rimane solo. Mai. Se uno viene ferito gli altri vengono feriti.
E se ci pensate per noi questo è un qualcosa che può succedere solo in un film, in una serie tv. Insomma, nella finzione e mai nella realtà. è difficile per noi pensare che si possa provare empatia per qualcuno lontano da noi. Per qualcuno diverso. Per qualcuno che non conosciamo. Pensare di mettere tutto in secondo piano per il bene degli altri. Per il bene di qualcuno che semplicemente ne ha bisogno.
Sense8 ci insegna questo. Ci insegna che si può ancora essere buoni in questo mondo di merda. Che la bontà d’animo esiste. Eccome se esiste.
Esistono persone che sono in grado di sacrificarsi. Esistono ancora (per fortuna!) persone che sono in grado di riconoscere lo stato d’animo degli altri. Sanno riconoscerlo, sanno dargli un nome e sanno anche dagli anche un cognome e un soprannome.
Perché le difficoltà quando sono condivise sono meno difficili. Camminare al buio tenendo la mano di qualcuno è più facile. Nessuno dei due vede un cazzo. Ma si può ridere insieme. Si può piangere insieme. Si può annoiarsi meno.
La vita è come una grande e pesante busta della spesa. Che riempiamo. Giorno dopo giorno. Di traguardi, di risultati, di sofferenze. Di delusioni, di fallimenti. Di amori non corrisposti, di odi. E questa busta dobbiamo portarla su per le scale, perché l’ascensore non ce lo danno in dotazione. No no. Devi sudartelo il tuo fottuto happy ending.
Ma quando riesci a creare e/o trovare una famiglia più o meno numerosa con cui condividere la salita, la busta pesa molto meno.
Nessuno sa chi farà parte della nostra famiglia, se vi farà parte per un tratto lungo o breve. Ma di sicuro bisogna saper riconoscere quelli che prendono uno dei manici della busta e si fanno carico di una parte del pondus con noi e distinguerli da quelli che nella busta buttano solo il loro ego smisurato appesantendoci di più e allontandoci dal nostro lieto fine.
Ora, siamo tutti ben consapevoli che una famiglia come quella di Sense8 non riusciremo a trovarla. Ma possiamo provare a non non dimenticarci che qualcuno, anche nel posto più remoto del mondo, sta vivendo le nostre preoccupazioni e le nostre paure. Così come le nostre gioie, certo. Ma le paure sono quelle che pesano di più. Perché in una spiaggia di sabbia bianca con la brezza marina è bello stare.
Nel bosco con il temporale no. Ma se impariamo che intorno a noi non ci sono solo i lupi affamati dal bosco riusciamo ad uscirne. Non è facile. Nessuno dice lo sia. Ma insieme forse è un po’ meno difficile.
Tutto questo per dire cosa? Se non avete mai visto Sense8, rimediate immediatamente. La trovate su Netflix. Guardatela. Vi cambierà la vita. Nel bene e nel male.